Storia della medicina, l’evoluzione del rapporto tra medico e paziente

Intervista a Franco Lupano, presidente CISO, per riflettere sull’evoluzione del rapporto tra storia, medicina, relazione tra medico e paziente

Franco Lupano, Medico di Medicina Generale, CSeRMEG – Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale CISO – Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospedaliera, è stato medico di famiglia a Trofarello in provincia di Torino. Formatore in Medicina Generale, si occupa della formazione specifica e permanente dei medici di famiglia; è inoltre incaricato dell’insegnamento tutoriale agli studenti del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università di Torino. Oltre ad essere Presidente del CISO Piemonte, è autore di varie pubblicazioni e collabora a riviste specializzate con articoli di storia sanitaria, in particolare sulla sanità pubblica, i medici condotti, il conflitto di interesse, la relazione medico-paziente.

Perché studiare la storia della medicina e quali sono gli elementi che la rendono attuale?
In molte scienze applicate la storia della disciplina è considerata una parte importante della formazione perché aiuta a comprendere meglio le scoperte più recenti, anche quando modificano o rendono superate le ricerche precedenti. Penso alla matematica e alla fisica, ad esempio, il cui percorso nei secoli viene illustrato fin negli anni delle scuole superiori.
Non è così per la storia della medicina, che dagli stessi medici è stata spesso considerata come un hobby erudito, appannaggio perlopiù di colleghi in pensione, senza particolare rilevanza nella formazione universitaria. Penso che questo possa essere dovuto anche al fatto che la medicina ha vissuto una netta cesura nel suo cammino: un lungo periodo che inizia nell’epoca classica e si prolunga fino al termine dell’ancien regime, e quello ancora breve che giunge fino a noi in cui l’abbandono di ogni impostazione dogmatica e l’applicazione sempre più ampia del metodo sperimentale ha trasformato radicalmente la scienza medica rendendola in grado di influire positivamente sulla vita umana, sia in termini di durata che di qualità. La rivoluzione è stata tale che agli occhi di un medico moderno è del tutto irrilevante sapere quali erano le terapie, poniamo, della Scuola Salernitana, o le tecniche chirurgiche del XVIII secolo.

V0014458 Teaching Hospital School, Salerno, Italy: part of the Crypt
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Ma se si allarga l’orizzonte di ricerca alle istituzioni sanitarie, al ruolo dello Stato nella sanità, alle relazioni spesso conflittuali tra medici e istituzioni, all’evoluzione delle malattie e a che cosa voleva dire ammalarsi nel passato, al ruolo sociale dei medici e all’evoluzione del rapporto tra medici e pazienti, si scoprono analogie sorprendenti con l’attualità, che possono aiutare mettere nella giusta luce molti problemi e forse anche ad affrontarli in modo più efficace.

Rispetto al rapporto tra medico e paziente, come ritiene sia cambiato? La relazione oggi è mediata dagli strumenti digitali, secondo Lei come hanno influito? E da ultimo, ritiene che il digitale abbia influito sull’accesso all’informazione sanitaria?
La relazione tra medico e paziente è sempre stata la base dell’azione terapeutica: lo era quando l’assenza di rimedi efficaci rendeva il medico un vero “farmaco”, richiesto dal paziente come sollievo psicologico pur nella consapevolezza della sua impotenza di fronte alla malattia, ed è per questo che per secoli si è ritenuto essenziale il passaggio quotidiano a domicilio del paziente, a volte anche due volte al giorno; man mano che l’efficacia delle risorse diagnostico-terapeutiche aumentava, si è assistito a un lento ma progressivo allentamento di questo legame, fino a considerarlo quasi ininfluente ai fini dell’efficacia dell’intervento medico.

La relazione tra medico e paziente è sempre stata la base dell’azione terapeutica

Proprio ora che, ormai da anni, si va rivalutando il suo valore e si sostiene la necessità di una vera formazione dei futuri medici alla capacità di relazione umana coi pazienti, è prepotentemente intervenuto il computer, che potrebbe spingere a un’ulteriore spersonalizzazione: il medico che guarda il computer e non il paziente è un rischio reale, che può essere prevenuto solo con la consapevolezza di un ruolo che nell’arco dei secoli non è mai cambiato sostanzialmente.

Già nel 1500 Leonardo Botallo sosteneva che solo se si instaura un rapporto di fiducia tra medico e paziente è possibile ottenere quella che oggi si definisce una vera alleanza terapeutica.

Su tale consapevolezza si basa l’area di interesse del CISO: può indicarci quali sono i temi che oggi vengono approfonditi?
Il Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospitaliera si occupa di ricerche nell’ambito delle istituzioni, delle professioni sanitarie, delle malattie e dei malati con tutte le relazioni che intercorrono tra queste diverse figure. Un filone di ricerca molto importante è, ad esempio, la storia della malattia mentale e dei manicomi, attraverso la vita di chi veniva internato ma anche di medici e infermieri; interessa poi in particolare il ruolo che i medici hanno avuto in ambito sociale, politico e culturale, come gli igienisti che nella seconda metà dell’Ottocento hanno lottato tenacemente per ottenere provvedimenti come le fognature, la fornitura di acqua potabile, il controllo su alimenti, abitazioni, fabbriche, che hanno portato a un primo netto miglioramento dell’aspettativa di vita.
A questo proposito aggiungo che il CISO non è costituito solo di medici, ma anche di storici, in particolare, e di altre figure professionali come architetti, veterinari, biologi, che permettono di avere una visione più ampia e meno settoriale della sanità nel suo complesso.

Torniamo quindi al valore di una visione di insieme e della conoscenza della storia. Quanto ritiene possano influire questi elementi nella formazione dei nuovi medici? 
Come dicevo all’inizio, penso che possa aiutare a comprendere meglio quale sia il ruolo del medico nella società. Per alcuni può anche essere una riscoperta delle proprie radici: penso ai medici di famiglia, le cui origini risalgono al Medioevo, ma che hanno subito e progressiva svalutazione e conseguente perdita di identità professionale contro cui devono lottare ancora oggi.

Inoltre la storia sanitaria aiuta a dimostrare l’importanza dell’intervento pubblico nella sanità

Anche se l’avvento del COVID ha messo sotto gli occhi di tutti quanto sia importante e insostituibile il nostro Servizio Sanitario Nazionale, non ho l’impressione che ci sia stata una chiara inversione di tendenza rispetto al precedente processo di ridimensionamento. È vero che dopo anni di tagli si è passati a un aumento del finanziamento, ma le spinte privatistiche continuano a essere forti, e la necessità di difenderlo rimane sempre attuale. Anche la conoscenza storica può contribuire.

Approfondimenti sul CISO 
http://www.cisopiemonte.it 

Info sulla mostra 'Dai medici condotti al servizio sanitario nazionale'  
https://www.ordinemedici.al.it/index.php/aziende-sanitarie/2097-11-2021-ao-al-mostra-dai-medici-condotti-al-servizio-sanitario-nazionale
Intervento video di Franco Lupano 
https://youtu.be/XKQ5cgEtx7c?list=PL8yUCdPKhTaxA5QxIprpb-PPYfr8uoJ5J&t=7167

La semeiotica e la percussione

Corvisart: il medico di Napoleone che rilanciò la percussione

Ad inizio ‘800 grazie a Corvisart des Marets (Dricourt, Ardennes, 1755 – Parigi 1821), professore di clinica medica, medico di Napoleone I, venne perfezionato il metodo della percussione, già introdotto in clinica dall’austriaco Auenbrugger.

Jean-Nicolas Corvisart des Marets

Studiò dapprima diritto poi medicina a Parigi, divenne presto aggiunto alla cattedra d’anatomia, poi a quella di clinica medica; nel 1786 ebbe la nomina a professore di clinica alla Charité. Volgarizzò e perfezionò il metodo della percussione per la diagnosi delle malattie interne scoperto dal viennese Auenbrugger, la cui opera tradusse e commentò (Nouvelle Méthode pour reconnaître les maladies internes de la poitrine par la percussion de cette cavité, Parigi 1808).
Nel 1807 divenne medico di Napoleone I e nel 1811 membro dell’Istituto. La sua opera Essai sur les maladies et les lesions du cøur et des vaisseaux (Parigi 1806) è d’importanza nella storia dell’anatomia patologica del cuore.

Il suo lavoro si inserisce in un contesto che fino al ‘700 ha visto come  principale fonte di informazioni diagnostiche il resoconto dei sintomi del malato: la malattia era soprattutto identificata attraverso la narrazione dei sintomi. Esistevano osservazioni oggettive: le paralisi, I liquidi emessi con l’espettorazione o col vomito, l’urina, le feci, ecc. ma erano interpretate in modo empirico e non sistematico e sempre con riferimento alla sintomatologia riferita. Nel 1761 furono pubblicati due libri che segnavano una decisa innovazione: il De Sedibus et Causis Morborum per Anatomen Indagatis di Giovanni Battista Morgagni e l’Inventum Novum di Leopold Auenbrugger.

 

Nel De Sedibus, monumentale trattato in forma epistolare, composto da settanta lettere ad un allievo immaginario, Morgagni riporta le osservazioni condotte direttamente da lui o da suoi colleghi su varie centinaia di autopsie e correla il reperto autoptico alla sintomatologia riscontrata in vita. L’innovazione è profonda: la malattia non è più una collezione di sintomi ma una o più lesioni anatomiche oggettivamente riscontrabili.

Auenbrugger insieme alla moglie

Joseph Leopold Auenbrugger (Graz, 19 novembre 1722 – Vienna, 18 maggio 1809 ), medico austriaco, allievo di Gerhard van Swieten presso l’Università di Vienna, è considerato il padre della semeiotica : “Qui presento al lettore un nuovo segno che ho scoperto per rilevare malattie del torace. Consiste nella percussione del torace umano, per cui, in base al carattere dei suoni particolari suscitati, si forma un’opinione sullo stato interno di quella cavità. (…) Il respiro, un suono come di un tamburo ricoperto da un panno è indice di torace sano, mentre un suono attutito o di tono più alto del solito, è indice di una condizione morbosa”.
Dopo sette anni di indagini, pubblicò il metodo su Inventum Novum (1761), sebbene la sua tecnica non ottenne riconoscimento e accettazione fino a anni dopo la sua morte, grazie appunto alla riedizione dell’opera con Corvisart.

Corvisart riconobbe l’efficacia della tecnica soprattutto nella diagnosi di malattie cardiache, polmonari ed ascessi: grazie alla descrizioni fornite da Auenbrugger, Corvisart elaborò successive ipotesi utili a diagnosticare l’ingrandimento del cuore senza il beneficio di tecniche moderne quali la radiologia e l’ecocardiografia. Naturalmente, il metodo era alquanto grossolano e soggettivo, eppure marcò un fondamentale punto d’arrivo nell’esame fisico.

È interessante notare che quando Laénnec introdusse la sua auscultazione mediata egli utilizzava la percussione  toracica  mentre sentiva con lo stetoscopio.

Jan Evangelista Purkyně e la ricerca verso la neurobiologia

Affrontò numerosi problemi in diversi campi della medicina, contribuendo tra l’altro a porre le basi della dottrina cellulare

Jan Evangelista Purkinje (Libochovice, Litoměřice, 1787 – Praga 1869) fu istologo e fisiologo e svolse la sua attività a Breslavia e Praga. Nel 1823 fondò l’istituto di fisiologia di Breslavia, presso il quale insegnò fisiologia e patologia fino al 1849, quando fu chiamato a dirigere l’istituto di fisiologia dell’università di Praga. Affrontò numerosi problemi in diversi campi della medicina, contribuendo tra l’altro a porre le basi della dottrina cellulare, e portando a termine ricerche di fondamentale importanza sulla fisiologia della visione e sulle conoscenze istologiche del sistema nervoso della cute, del cuore, dei vasi, delle ossa e dei denti.

I suoi studi istologici, condotti con l’apporto di innovazioni tecniche importanti come l’uso del microtomo, dell’acido acetico  glaciale, di coloranti chimici e del  balsamo del Canada, lo portarono all’identificazioni della morfologia delle cellule della corteccia del cervelletto: ecco perché il suo nome è associato alle grosse cellule del cervelletto, caratterizzate dalla grande espansione delle loro ramificazioni nervose, che partecipano alle vie nervose che coordinano il movimento. Si tratta di grandi cellule nervose multipolari situate nello strato medio della corteccia cerebrale, fra gli strati granulare e molecolare. I corpi cellulari sono disposti in un’unica fila e costituiscono uno strato intermedio separato della corteccia cerebellare; sono circondati da una fitta rete formata dai dendriti di altri neuroni (cellule a canestro). I dendriti si dividono prima in due rami principali e poi via via in una ramificazione dendritica che si espande in piano e forma una caratteristica arborizzazione, tipica dell’istologia del cervelletto.

Si occupò della fisiologia della percezione visiva, in particolare alla corretta individuazione dell’origine di alcune immagini presenti nell’occhio, in corrispondenza della pupilla, e dovute alla riflessione di oggetti esterni. Nella sua tesi di laurea in medicina, Contributi agli aspetti della visione nei suoi aspetti soggettivi (1819), descrisse il fenomeno che riguarda la variazione della sensibilità per i colori al mutare delle condizioni di illuminazione ambientale.

Nel 1842 fondò il primo laboratorio ufficiale di psicologia a Breslavia, dove furono poste le basi della moderna psicologia sperimentale. Fra l’altro utilizzò, prima dell’ideazione dell’oftalmoscopio da parte di Helmholtz, l’osservazione diretta del fondo oculare.
I suoi contributi all’affermazione della teoria cellulare furono fondamentali: infatti, il suo nome è anche legato alle “fibre del Purkinje”, il tessuto del muscolo cardiaco che trasmette la contrazione muscolare al cuore, parte di uno speciale sistema di conduzione dell’impulso elettrico che permette un’adeguata eccitazione del muscolo cardiaco, secondo un ritmo appropriato alle funzioni cardiocircolatorie.

Giovanni Battista Amici e il microscopio moderno

Nel 1800 gli anatomici, dopo le numerose scoperte di ordine macroscopico fatte nei secoli precedenti, rivolsero prevalentemente le loro ricerche nel campo microscopico dove, malgrado le geniali osservazioni dei precedenti studiosi, restavano ancora numerosi punti oscuri da chiarire, a causa dell’imperfezione tecnica dei mezzi di cui potevano disporre.

Il progresso in quest’ordine di ricerche fu possibile allorché gli scienziati ebbero a disposizione microscopi migliori e poterono giovarsi di tecniche di fissazione e di colorazione dei tessuti.
Decisivo fu il sempre maggiore perfezionamento degli strumenti di ingrandimento ottico grazie anche agli studi del modenese Giovanni Battista Amici (1786-1863): innovatore nella costruzione dei microscopi, nel 1827 perfezionò il microscopio acromatico, introdusse la lente emisferica frontale nella struttura dell’obbiettivo e nel 1850 pubblicò l’invenzione del cosiddetto sistema ad immersione.

Joseph von Gerlach (1820-1896), professore ad Erlangen, è considerato il fondatore della tecnica istologica per aver adoperato sistematicamente la colorazione al carminio nell’allestimento di preparati microscopici. Inoltre, collaborò con Camillo Golgi nello studio del sistema nervoso.

Alfonso Corti (1822-1876) usò per primo con successo soluzioni diluite di carminio per visualizzare i nuclei cellulari ed altre strutture.

Inoltre, grandi progressi si ottennero nel campo dell’elettrologia in seguito alla diatriba sugli studi di Luigi Galvani (1879-1798) ed Alessandro Volta (1745-1827). Il primo per mezzo di un arco bimetallico faceva contrarre le zampe di una rana stabilendo un circuito con il sistema di innervazione concludendo così che il movimento era prodotto dall’elettricità dei muscoli; il secondo sosteneva che era l’arco stesso, costituito da due metalli differenti, a fornire l’elettricità.
Anche la statistica fece il suo ingresso sulla scena della medicina: si iniziava a capire l’importanza di raccogliere, esaminare e classificare dati e informazioni riguardo salute e malattia per poter disporre di sempre più elementi al fine di studiare e sconfiggere le diverse patologie. Certamente all’inizio i metodi usati non erano perfetti e completamente attendibili, ma grossi passi in avanti furono fatti grazie all’opera dell’inglese William Farr (1807-1883) e di Melchiorre Gioia (1767-1829)

Giovanni Battista Amici è stato il più importante costruttore italiano di strumenti scientifici ottici dell'Ottocento e uno dei maggiori del suo tempo nel panorama internazionale. 
Laureatosi in ingegneria a Bologna nel 1807, diventò docente di geometria, algebra e trigonometria presso l’Università di Modena e di Reggio Emilia nel 1815. 
Diede contributi fondamentali soprattutto nel campo dell'ottica microscopica con il perfezionamento del moderno microscopio composto catadiottrico e acromatico, ma legò il suo nome anche alla realizzazione di telescopi riflettori e rifrattori, di micrometri, cannocchiali, settori e circoli di riflessione, circoli ripetitori, uno strumento dei passaggi, livelli, meridiane, prismi e camere lucide. 
Applicò all'obbiettivo del microscopio la lente emisferica frontale (1838). Introdusse la tecnica dell'immersione in acqua (1847) e in diversi tipi di olio (1855). Fra il 1857 e il 1860 inventò il prisma a visione diretta tuttora usato in spettroscopia e che ancora porta il suo nome. Ma gli interessi di Amici non si limitarono alla matematica e all’astronomia. Fu anche naturalista di valore: si occupò della inseminazione e delle malattie dei vegetali, diventando noto in tutto il mondo per aver chiarito il meccanismo della fecondazione nelle piante fanerogame.

1802: la “nascita” della biologia

A inizio Ottocento in Europa, ma soprattutto in Germania dopo Kant e in Italia, i fenomeni naturali – e quindi anche le malattie – furono interpretati in modo sempre più idealistico.

I filosofi tedeschi Friedrich Schelling (1775- 1854) che concepì la natura come un universo in continua trasformazione dinamico-storica e Gottfried Reinhold Treviranus (1776-1837) che nel 1802 coniò la parola “biologia” come sinonimo della “natura vivente” costruirono la base hegeliana sulla quale si sviluppò la Medicina romantica della prima metà dell’Ottocento.

Gottfried Reinhold Treviranus riportò le sue idee nel testo “Biologie; oder die Philosophie der lebenden Natur”, pubblicato nel 1802, lo stesso anno in cui Jean-Baptiste Lamarck propose le sue idee sull’evoluzione, peraltro molto simili a quelle di Treviranus.

Gottfried Reinhold Treviranus è considerato, insieme allo stesso Lamarck, il coniatore del termine biologia.

La biologia diventa una scienza autonoma: il termine “biologia” fa la sua comparsa e il suo campo di interesse viene ben delineato da Lamarck (1801) come ricerca “sulla natura, le facoltà, gli sviluppi e l’origine dei corpi viventi”, in cui si intravedono le idee di trasformazione e di evoluzione.

Importanti furono anche i progressi registrati dalla chimica a cavallo fra Settecento e Ottocento, per le loro ripercussioni sullo studio della materia vivente. Si prende atto che i cambiamenti che si osservano nelle sostanze chimiche nel corso delle reazioni effettuate in laboratorio sono del tutto analoghi ai processi che intervengono nelle sostanze organiche che si trovano all’interno degli organismi viventi.
Rappresentante in Italia fu il medico-filosofo Angelo Camillo De Meis (1817-1891), un neo- hegeliano che concepì la natura come effetto del passaggio dello spirito alla sua estensione con la conseguenza che la natura possiede nel contempo caratteri spirituali e materiali, processo questo che è continuo e che genera autodeterminazioni sempre più complesse e concrete. Nel filone razionalista-idealistico della scienza ottocentesca si iincontrano nomi di primo piano come de Lamarck, Darwin, Goethe, Huxley e Mendel.

A. Gambarotto, Stud Hist Philos Biol Biomed Sci. 2014 Dec;48 Pt A:12-20. doi: 10.1016/j.shpsc.2014.07.007. Epub 2014 Aug 28. Vital forces and organization: philosophy of nature and biology in Karl Friedrich Kielmeyer.