La Rivoluzione Francese: una frattura storica per la medicina

La Rivoluzione Francese è stato un momento di rottura anche per la storia della medicina: con essa la malattia diventa una questione pubblica e in nome del progresso, cessa di essere un fatto che riguarda solo il malato.

Nel 1792, per parecchi mesi, l’assemblea nazionale di Parigi discusse come sostituire i medici che si occupavano della cura dei malati con una burocrazia terapeutica, cercando di amministrare un male che era destinato a scomparire con l’avvento dell’uguaglianza e della libertà e della fraternità.

Nell’ottica degli uomini che si occuparono delle riforme ai tempi della Rivoluzione, in particolare quella Ospedaliera e universitaria, il servizio sanitario nazionale avrebbe avuto il compito di sovrintendere alla salute e di promuovere leggi dietetiche e regolamenti che obbligassero cittadini a utilizzare le conquistate libertà verso una vita frugale e di piaceri sani.
Ufficiali sanitari avrebbero vigilato sull’osservanza di tali norme da parte dei cittadini e appositi tribunali di sanità, sotto la vigilanza di magistrati medici, avrebbero eliminato i medici ciarlatani e profittatori.

Gli ospedali dovevano essere specializzati: per gli anziani, gli incurabili, i matti, l’infanzia abbandonata.

Grazie a figure come Cabanis, che ebbe l’intuizione di introdurre la cartella clinica, alle innovazioni introdotte dalla Commissione che supervisionava gli ospedali parigini guidata da Tenon, all’introduzione nell’universita di materie innovative come la “polizia Medica” la Rivoluzione ha consentito la formazione di una nuova classe di medici, anche di estrazione sociale borghese che ha profondamente segnato il futuro approccio alla medicina dell’Ottocento.

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