Il Seicento ha visto l’inizio della microbiologia grazie alla figura di Robert Hooke nel 1665 e da Marcello Malpighi nel 1675, che dimostrarono l’esistenza di alcune muffe o ruggini, capaci di produrre malattie nelle piante.
I seminaria introdotti da Fracastoro come puri concetti astratti, vennero materializzati sotto forma di vermi che continuavano a generarsi spontaneamente dalla sostanza proveniente dalla putrefazione degli umori.
Quando non venne più riconosciuta la generazione spontanea, i vermi furono fatti derivare da semi di vermi, che inizialmente privi di vita, se messi in luoghi adatti, generano tanti vermi quanti essi sono. Anche questi vermi, immaginati dagli studiosi del ‘600, continuano ad essere un prodotto della putrefazione degli umori e non la prima causa diretta della malattia.
La scoperta degli infusori di Leewenhoek e di Francesco Redi nel 1675, che fu un grande progresso nella storia della microbiologia, va interpretata come osservazione fortuita.
La microbiologia in questo secolo non riuscì a decollare perché troppo legata alla dottrina umorale, mentre si affermò la parassitologia per merito dell’aretino Francesco Redi (1626 – 1697).
Medico illustre, archiatra del granduca di Toscana, biologo, naturalista, letterato e poeta di valore, si rese famoso per i suoi studi ed essere uno strenuo oppositore della generazione spontanea.
La sua opera “Osservazioni intorno agli animali viventi che si trovano negli animali viventi” del 1684 descrive in modo accurato numerose specie di vermi e parassiti dell’uomo e degli animali e rappresenta la prima estesa e metodica ricerca di parassitologia e viene considerata fonte di ispirazione per tutti coloro che si interessano di questo argomento.
Il suo merito è quello di aver sfatato la leggenda della generazione spontanea degli insetti, avendo dimostrato che le mosche nascono dalla carne putrefatta solo quando altre mosche vi abbiano deposto le uova. Poiché se con un telo si protegge la carne e si impedisce la deposizione delle uova, non nasce nessuna mosca. Redi comunicò questa scoperta a Carlo Dati in una celebre lettera pubblicata nel 1668 in italiano e nel 1671 in latino ad Amsterdam.