Chirurgia nel Settecento in Italia: Antonio Scarpa

Nel 1700 fra i chirurghi italiani si distinsero particolarmente Antonio Scarpa, Alessandro Brambilla, Giuseppe Flaiani, Andrea Vacca Berlinghieri, Giovanni Battista Paletta e Giovanni Battista Monteggia.

Antonio Scarpa (1752-1832), professore di anatomia e chirurgia a Pavia, è unanimemente annoverato fra i più celebri chirurghi della storia.
A lui va il grande merito di aver portato la chirurgia dall’empirismo alla scienza sul fondamento dell’anatomia e della patologia, e di avere introdotto nell’insegnamento della Chirurgia un nuovo metodo teorico-pratico, basato oltre che su lezioni teoriche, anche su esercitazioni pratiche al letto del malato e su operazioni chirurgiche eseguite a scopo didattico sul vivo, anziché sul cadavere come sino allora si faceva.
Egli poté realizzare questa sua riforma perché il Governo gli mise a disposizione le corsie e la sala operatoria dell’Ospedale della città di Pavia, consentendogli cosi anche di fondare nel 1787 la Clinica Chirurgica dell’Università.

Lo Scarpa si interessò a tutte le operazioni chirurgiche, comprese quelle cosiddette di «grande chirurgia», riguardanti le ernie, la calcolosi vescicale e la cataratta, che erano ancora trascurate dalla maggior parte dei chirurghi universitari e lasciate agli «empirici».

Il campo in cui egli eccelse fu, però, lo studio delle ernie. La sua celebre Opera «Sulle ernie – memorie anatomo chirurghiche», magnificamente illustrata da tavole artistiche, costituisce il suo capolavoro. Essa fu tradotta in molte lingue ed è ancora oggi un punto di riferimento per coloro che si occupano di questo argomento. Non meno importanti di quelli sulle ernie furono gli studi condotti dallo Scarpa sugli aneurismi e sulla legatura delle principali arterie degli arti, contenuti nell’opera monografica «Riflessioni ed osservazioni anatomo-chirurgiche sull’aneurisma», corredata di magnifiche illustrazioni. Anche quest’opera fu tradotta in molte lingue e rimase a lungo un testo classico della chirurgia.
Egli si interessò anche dei problemi dell’ortopedia e realizzò un apparecchio elastico capace di raddrizzare progressivamente i piedi dei bambini affetti da piede torto congenito. Numerosi anche i suoi contributi in oculistica e in urologia, cui sarà dedicato uno specifico post!

Enrico Bottini: un maestro nella storia dell’antisepsi

“Per guarire le ferite si deve favorire l’insorgenza in esse della suppurazione” sosteneva Ippocrate, avendo intuito che la suppurazione fosse un fenomeno naturale e utile per la guarigione delle ferite.

Il termine sepsi – che deriva dal greco e significa “putrefazione” – venne inizialmente usato per indicare le infezioni delle ferite in generale.

Fino alla metà del XIX secolo, la chirurgia era gravata da una elevata mortalità, tanto che il chirurgo scozzese James Young Simpson (1811-1870) scriveva che “il paziente steso sul tavolo operatorio di uno dei nostri ospedali chirurgici, corre maggior pericolo di morte che il soldato inglese sul campo di battaglia di Waterloo”.

Le cause erano principalmente tre:

  • emorragia per scarsa validità dei mezzi con cui si praticava l’emostati
  • shock neurogeno da dolore per mancanza di anestesie efficaci
  • infezioni chirurgiche per l’assenza di qualsiasi principio antisettico

Fra coloro che si misero il luce nella lotta contro le infezioni chirurgiche, va ricordato Enrico Bettini, a cui è dedicata questa pubblicazione Bottini. Un maestro della scuola chirurgica pavese nella storia dell’antisepsi insigne maestro della scuola pavese, da molti annoverato tra i pionieri dell’antisepsi.

Il primo studioso ad utilizzare l’acido fenico come antisettico fu Lister, che nel 1865 trattò per la prima volta una ferita con il suo metodo, che descrisse su Lancet nel 1867. Ma tale metodo venne utilizzato anche dal Bottini, che trattò nella sua pubblicazione “Dell’acido fenico nella chirurgia pratica e nella tassidermica” apparsa nel 1866 sugli annali di Universali di Medicina.

Sesto Centenario della Chirurgia a Pavia

In occasione della ricorrenza del Sesto Centenario dell’Insegnamento della Chirurgia nell’Università di Pavia, il 3 novembre 1986, nell’Aula Scarpa dell’Università, il prof. Maconi fu chiamato a tenere la relazione dal Magnifico Rettore.

Durante la commemorazione per celebrare il Sesto Centenario della Chirurgia a Pavia, il prof. Maconi tracciò la storia, breve, dal suo inizio nel 1386 fino all’epoca di Antonio Scarpa, a cavallo tra il 1700 e il 1800.

Fino a metà del 1700, l’insegnamento teorico della chirurgia avveniva tramite le “letture” ordinarie e straodinarie, le “disputaiones” e le “ripetitiones”, come per le altre discipline.

Questa la relazione del prof. Maconi

L’operazione di Tansini nella storia del trattamento chirurgico del carcinoma mammario e della chirurgia riparatrice con lembi miocutanei

Iginio Tansini, nato a Lodi nel 1855 e laureatosi a Pavia nel 1878, si formò chirurgicamente presso la Scuola Pavese, dove ebbe come maestro Enrico Bottini (1835-1903).

Fu uno dei più celebri chirurghi italiani della sua epoca, rendendosi famoso per alcuni interventi di derivazione porto-cavale e per alcuni interventi sullo stomaco, nonchè per i suoi studi sul cancro.

In questa pubblicazione il prof. Giovanni Maconi, traccia la storia del più celebre tra i suoi interventi, la tecnica che porta il suo nome per coprire la breccia conseguente all’amputazione della mammella per carcinoma.

“Medicina romantica”

rasoriIn questa pubblicazione di storia della medicina risalente al 1984 Giovanni Maconi traccia la biografia di Giovanni Rasori, una delle figure più rappresentative del panorama italiano dei primi decenni dell’Ottocento.

Oltre ad essere scienziato ideatore di una dottrina medica, Giovanni Rasori fu filosofo, poeta, giornalista e ardente patriota.

Fu esponente di quella che venne definita “medicina romantica”, che subirono in quel periodo numerose trasformazioni, adattate alla medicina moderna da Giacomo Tommasini. Le teorie “romantiche”, pur in mezzo a numerose critiche, resistettero a lungo e alcune di esse entrarono anche nei trattati di medicina. Per la loro artificiosità e mancanza di supporto sperimentale scomparvero, lasciando il posto alla patologia basata sul positivismo anatomico- clinico, microbiologico e fiosipatologico.

Qui la pubblicazione completa “Giovanni Rasori e la “Medicina Romantica”