Ostetricia nel Settecento

Il maggior incremento della chirurgia settecentesca si ebbe nelle branche specialistiche in particolare nell’ostetricia e nell’oculistica.

Il 1700 è stato per l’ostetricia un periodo molto positivo, in quanto essa cessò di dipendere strettamente dalla chirurgia.

Gli ostetrici, infatti, continuarono ad essere reclutati fra i chirurghi, ma solo fra quelli che si erano specializzati in ostetricia. Inoltre questa disciplina trasse grandi vantaggi anche dal fatto che, a partire da questo periodo, i chirurghi, pur continuando ad occuparsi dei parti difficili, incominciarono ad interessarsi anche di quelli normali e ad assistere le partorienti anche durante la gravidanza.

I progressi compiuti dall’ostetricia in questo secolo furono opera principalmente dei chirurghi francesi ed inglesi.

In Francia gli ostetrici più celebri furono: Levret, Puzos, Sigault e Baudelocque.

Andrea Levret (1703-1780) ha dominato l’ostetricia francese del suo tempo: tra i più rinomati del suo tempo, assistette alla nascita di Luigi XVI. Fu membro dell’Académie royale de chirurgie e riferimento per la Francia ma non solo: allievi da tutta Europa si recarono a Parigi per studiare con Levret. Con lui finisce il periodo della storia segreta del forcipe e inizia quella conosciuta. Nel 1751 egli incominciò ad usare un forcipe derivato da quello dei Chamberlen, ma notevolmente migliorato. Le modifiche più importanti furono la «curvatura pelvica» dei cucchiai, che doveva poi essere adottata in tutti i forcipi costruiti successivamente; l’unione dei due bracci con un unico perno; la lunghezza superiore dello strumento («forcipe lungo francese»), che permetteva, non senza qualche rischio, di raggiungere anche «le teste alte». La lunghezza di questo forcipe garantiva certamente numerosi successi, in un’epoca in cui il taglio ceSareo era ancora molto pericoloso. Levret scrisse due opere molto importanti: «L’arte dei parti dimostrata con principi di fisica e di meccanica» e «Osservazioni sulle cause e sulle complicazioni dei parti difficili». In questi due libri diede ampio spazio alla descrizione del suo forcipe e della tecnica per usarli. Fece inoltre una buona descrizione delle deformazioni del bacino e dei diversi tipi di inserzione della placenta previa.

Nel 1700 l’assistenza ostetrica alle gravide era in Francia in condizioni disastrose, poiché disprezzata dai chirurghi, era lasciata ad ostetriche ignoranti che i medici non si degnavano di istruire. Scosso da questa situazione, che causava una mortalità impressionante, Luigi XVI incaricò Madame Le Boursier du Coudray, ostetrica di grande talento, di istruire le ostetriche.
Nel 1759 ella scrisse un eccellente trattato sul parto, che ebbe varie edizioni, destinato a far «capire — lei stessa diceva — i principi dell’arte ostetrica anche alle donne poco intelligenti». Questo è considerato il primo serio trattato di divulgazione ad uso delle ostetriche.

Paré, ginecologo e ostetrico

Durante la Rinascimento, analogamente alla chirurgia, progredirono anche le specialità chirurgiche.
La fama che Parè conquistò come chirurgo ha oscurato in parte il contributo da egli dato all’ostetricia e alla ginecologia: egli, infatti, trattò nello specifico delle modificazioni dell’utero in gravidanza, della formazione del feto, e della condizione del feto nell’utero, distinguendo i parti in naturali da quelli contro natura.
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L’Ostetricia in epoca romana

Ostetricia, ginecologia, urologia, oculistica, otorinolaringoiatria, odontoiatria: tutte specialità chirurgiche che furono oggetto di interesse dei romani.

L’ostetricia, in particolare, costituì un argomento così rilevante da entrare a far parte del corpo normativo, per tutelare donne gravide e puerpere.

Già all’epoca dei re di Roma, Numa Pompilio aveva emanato la “Lex Regia” che stabiliva che il cesareo andava eseguito su una donna non viva, ma subito dopo la sua morte, per salvare il nascituro. La legge Cornelia puniva coloro che proponevano sostanze abortive e qualora la donna fosse morta per le pratiche criminose era prevista la deportazione o la pena capitale.
Nonostante l’aborto fosse punito, erano permesse pratiche antifecondative, descritte in modo minuzioso nei testi dell’epoca: consistevano generalmente nella chiusura dell’utero attraverso sostanze grasse, unguenti, lana impregnata di grasso.
Altre disposizioni consideravano la gestante come sacra, prevedendo severe pene per chi recasse danno morale o materiale.
L’ostetricia e la ginecologia destarono perciò vivo interesse fra i medici dell’epoca, in particolare vi si dedicarono Rufo d’Efeso, Celso, Sorano d’Efeso e Galeno.
Rufo si occupò di anatomia dell’apparato genitale, con una descrizione sommaria dell’utero. Celso non scrisse molto, ma ebbe il merito di comprendere la difficoltà del parto in posizione podalica, che poteva comunque essere realizzato senza far girare il feto.
Nel periodo imperiale, la “lex regia” di Numa Pompilio venne trasformata in “lex cesarea”, sebbene la tradizione che lega Cesare al parto cesareo sia inesatta, in quanto, come ricorda Plutarco, la madre di Cesare era ancora viva quando egli combatteva la guerra gallica.
Fu Plinio a indicare la denominazione “cesarea” in relazione alla nascita di Scipione l’Africano, anche se va sottolineato che Cesone deriva dal verbo latino coedere che significa tagliare.

Sorano d’Efeso, considerato il più grande ostetrico dell’antichità, fu il primo a far progredire l’ostetricia: nella sua opera principale “Delle malattie delle donne” riassunta dal suo allievo Moschione e usata fino al 1800, si rivolge alle levatrici, fornendo consigli di ordine deontologico.


Nell’opera sono tracciati elementi di anatomia e circa la fisiologia dell’apparato genitale femminile, stabilisce che l’utero può essere asportato senza provocare la morte della donna; che il ciclo è fisiologico e intuì che tra le mammelle e l’utero esiste una correlazione.

In riferimento alla generazione, accettò la teoria aristotelica che attribuiva uguali proprietà procreatici al seme maschile e a quello femminile.
Descrisse, nella sezione della distocia, la presentazione podalica, affermò che le primipare partoriscono con difficoltà così come quelle dai fianchi stretti. Consigliò la difesa del perineo durante l’espulsione del feto, praticò la doppia legatura del cordone ombelicale e limitò l’embriotomia.

Nell’opera di Sorano non mancano nozioni di puericultura e pediatria: dalle indicazioni per riconoscere la maturità del neonato, i lavaggi, le unzioni, le regole dell’allattamento, lo svezzamento e la dentizione. Sono inoltre descritte le malattie infantili e le loro cure.