Friedrich Wilhelm Adam Sertürner nell’Ottocento ebbe il merito di estrarre il primo alcaloide dalle piante medicinali
Da sempre gli uomini hanno scoperto gli usi e gli effetti collaterali di alcune sostanze: molti disturbi potevano essere risolti con semplici rimedi, spesso casalinghi, senza doversi rivolgere al medico-guaritore. Nacque così la medicina popolare, o casalinga, basata su principi terapeutici codificati dalla medicina empirica, che utilizzava ai fini terapeutici vari mezzi e le erbe medicinali erano le più diffuse.
Ma accanto a sostanze per ‘guarire’ fin dall’antichità è documentato l’utilizzo di droghe estratte dalle piante: già la medicina egizia utilizzava droghe, sebbene fossero sfruttate per scopi ludici.
Anche nella società greca e romana era accettato l’utilizzo di droghe, considerate il veicolo di connessione con il corpo e con la divinità.
Con l’avvento del Cristianesimo questa concezione tuttavia venne messa in discussione, in quanto introdotto il concetto di ordine morale legato alla conduzione verso il male, verso falsi dei.
Nonostante questo, la scienza ha proseguito nei secoli il suo cammino: nel 1800 la terapia medica, sia come farmacologia sia come mezzi terapeutici sussidiari, fece un notevole progresso rispetto ai secoli precedenti grazie all’acquisizione di nuove conoscenze di fisiologia e di patologia, ma soprattutto grazie ai grandiosi sviluppi dell’analisi chimica e della farmacologia sperimentale, che consentirono a questa disciplina di liberarsi dall’empirismo ancora permanente.
Le ricerche di farmacoterapia si indirizzano fondamentalmente su due vie: quella di un più approfondito studio dei vecchi medicinali e quella della ricerca di nuovi farmaci da usare contro le infezioni.
L’affermarsi della farmacologia sperimentale che consentì di controllare l’attività dei farmaci mediante l’esperimento, e il progresso della chimica, che permise di estrarre i principi attivi dalle piante medicinali, fecero sì che la terapia medica dell’Ottocento si arricchisse di medicinali di più pronta efficacia e di migliore sicurezza di dosaggio.
Tra le nuove sostanze medicamentose scoperte nell’Ottocento occupano una posizione rilevante gli «alcaloidi», nome che venne introdotto da W. Meissner per indicare il principio attivo di natura alcalina contenuto nelle piante medicinali.
Il merito di aver estratto il primo alcaloide dalle piante medicinali va a Friedrich Wilhelm Adam Sertürner (Paderborn, 19 giugno 1783 – Hameln, 20 febbraio 1841) farmacista tedesco che nel 1807 isolò dall’oppio una sostanza di natura alcalina ‘che chiamò «morphium» (morfina), in onore del Dio greco del sonno e dei sogni Morfeo, perché faceva dormire.
L’oppio, che si ottiene incidendo la superficie del capolino del papavero in maturazione, è sempre stato usato per scopi medici: i primi a servirsene furono le tribù del neolitico diffuse nell’Europa centrale e meridionale oltre seimila anni fa e, come detto, già i greci ne decantavano le proprietà mediche e calmanti.
Il papavero da oppio è fonte di circa 25 alcaloidi diversi: tra questi, appunto, la morfina che venne commercializzata fin dal 1827, diventando ben presto molto diffusa e somministrata per le sua capacità di alleviare dolori.
La morfina – che viene estratta solo dal papavero e non sinteticamente – è un sedativo del sistema nervoso centrale e, allevia il dolore, calma la tosse, ma solo a posteriori ci si rese conto che questo stupefacente induceva una dipendenza ancora maggiore rispetto all’oppio. Il suo uso prolungato, come tutti gli alcaloidi dell’oppio, porta ad un avvelenamento cronico, cui consegue il decadimento fisico, fino alla morte, dell’individuo.
Il suo effetto ‘calmante’ è rappresentato nelle opere del pittore spagnolo Santiago Rusiñol i Prats (Barcellona, 25 febbraio 1861 – Aranjuez, 13 giugno 1931) che nel 1894 realizzò ‘La morfina’ e ‘La medalla’ nelle quali è fissato in modo emblematico l’effetto antidolorifico di questo farmaco.