Nell’ottocento nasce la medicina contemporanea, è il secolo in cui si sviluppano le discipline mediche moderne tra cui la citologia, la fisiologia, la microbiologia, l’ immunologia, e la fisiopatologia.
Anche nel 1800 gli scienziati affrontarono il problema della conoscenza avvalendosi sia del razionalismo sia dello sperimentalismo. Tali dottrine, inizialmente indipendenti e contrastanti, col passare del tempo si conciliarono, dando origine al «positivismo scientifico», che fu determinante per il progresso di tutte le scienze, compresa la medicina.
Sparisce la figura del medico solitario e geniale, le cui intuizioni segnano le tappe del progresso. Le scoperte diventano il frutto della collaborazione di molti studiosi, ciascuno dei quali è specializzato in un particolare aspetto della questione. Tecnologia e medicina vanno di pari passo: la prima fornisce gli indispensabili strumenti necessari al progresso della seconda. Le ricerche sono sempre più numerose e il confronto necessario, tanto che Rudolf Virchow nel 1848 scriveva: “La medicina è una scienza sociale, e la politica non è altro che medicina su vasta scala”, l’anno della rivoluzione che percorse l’intera Europa. Il fatto che fosse anche l’anno di un’epidemia di colera non fu una semplice coincidenza, dal momento che colera e rivolta sociale si accompagnarono spesso nel corso del XIX secolo.
E se la vaccinazione cominciava a proteggere contro il vaiolo (e la febbre tifoide regrediva grazie a una migliore igiene degli alimenti) i processi di industrializzazione e urbanizzazione determinarono condizioni ecologiche, come l’aumento della densità abitativa nelle città – dove peraltro mancavano impianti fognari e l’acqua era facilmente contaminata – che favorirono la diffusione di malattie come tubercolosi, tifo e influenza (nel corso del XIX secolo la sola tubercolosi uccise quasi un quarto della popolazione europea).
Il razionalismo, basato sulla convinzione della preminenza del ragionamento, andò progressivamente affermandosi nel corso dei secoli, fino a sfociare nel 1700 nella concezione «romantica» della medicina che, disdegnando qualsiasi apporto offerto dalla ricerca sperimentale, poneva ad arbitro assoluto dei problema conoscitivo il giudizio individuale del ricercatore. Questi, fidandosi esclusivamente della sua personale persuasione, riduceva la conoscenza scientifica ad una sterile estrinsecazione del suo pensiero, fino a deificare la ragione e a ricercare nei suoi «lumi» la verità delle cose. A tale dottrina, ancora in auge nel 1800, si contrapponeva lo sperimentalismo originato dalla dottrina galileiana, che in quest’epoca si accentuò e raggiunse con il «positivismo» il suo apice.
La «filosofia positiva» riconosce nell’esperimento l’unico mezzo valido per il raggiungimento della conoscenza scientifica. Il fondamento del «positivismo» consiste infatti nel limitare l’attività dello scienziato alla pura e semplice registrazione dei fatti osservati, vietandogli di esorbitare dalla pura constatazione, escludendo ogni induzione che non sia sostenuta da fatti positivi: il termine «positivismo», coniato nella Scuola di Saint-Simon (1760-1825), designa una filosofia rivolta unicamente al semplice accertamento dei fatti. Questo «positivismo» sempre più spinto
portò al «materialismo», che limita esclusivamente alla materia il centro della conoscenza e conferisce alla ricerca un valore assolutamente oggettivo, libero da qualsiasi influsso soggettivo.
Questo periodo è caratterizzato da importanti scoperte scientifiche e tecniche. La medicina fu condizionata in modo senza dubbio positivo dalle acquisizioni di altre scienze quali la chimica, la fisica e la matematica. Pietra miliare del progresso in medicina fu poi la teoria cellulare, nonché l’implementazione sempre migliore dello strumentario a disposizione dei medici.
In questo clima di fermento scientifico anche i vecchi asili e tutti gli altri luoghi di cura iniziarono a trasformarsi in strutture con servizi di assistenza sempre migliori grazie anche all’ingresso dei laboratori per le indagini chimiche e delle sale per le operazioni chirurgiche.
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Francesco Redi e il superamento della generazione spontanea
Il Seicento ha visto l’inizio della microbiologia grazie alla figura di Robert Hooke nel 1665 e da Marcello Malpighi nel 1675, che dimostrarono l’esistenza di alcune muffe o ruggini, capaci di produrre malattie nelle piante.
I seminaria introdotti da Fracastoro come puri concetti astratti, vennero materializzati sotto forma di vermi che continuavano a generarsi spontaneamente dalla sostanza proveniente dalla putrefazione degli umori.
Quando non venne più riconosciuta la generazione spontanea, i vermi furono fatti derivare da semi di vermi, che inizialmente privi di vita, se messi in luoghi adatti, generano tanti vermi quanti essi sono. Anche questi vermi, immaginati dagli studiosi del ‘600, continuano ad essere un prodotto della putrefazione degli umori e non la prima causa diretta della malattia.
La scoperta degli infusori di Leewenhoek e di Francesco Redi nel 1675, che fu un grande progresso nella storia della microbiologia, va interpretata come osservazione fortuita.
La microbiologia in questo secolo non riuscì a decollare perché troppo legata alla dottrina umorale, mentre si affermò la parassitologia per merito dell’aretino Francesco Redi (1626 – 1697).
Medico illustre, archiatra del granduca di Toscana, biologo, naturalista, letterato e poeta di valore, si rese famoso per i suoi studi ed essere uno strenuo oppositore della generazione spontanea.
La sua opera “Osservazioni intorno agli animali viventi che si trovano negli animali viventi” del 1684 descrive in modo accurato numerose specie di vermi e parassiti dell’uomo e degli animali e rappresenta la prima estesa e metodica ricerca di parassitologia e viene considerata fonte di ispirazione per tutti coloro che si interessano di questo argomento.
Il suo merito è quello di aver sfatato la leggenda della generazione spontanea degli insetti, avendo dimostrato che le mosche nascono dalla carne putrefatta solo quando altre mosche vi abbiano deposto le uova. Poiché se con un telo si protegge la carne e si impedisce la deposizione delle uova, non nasce nessuna mosca. Redi comunicò questa scoperta a Carlo Dati in una celebre lettera pubblicata nel 1668 in italiano e nel 1671 in latino ad Amsterdam.