IL CONFLITTO DI INTERESSI IN MEDICINA NEL CORSO DEI SECOLI

di Franco Lupano, Presidente Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospedaliera

Una lunga storia

Per tutta l’antichità, non vi era alcuna distinzione tra chi confezionava i farmaci e chi li prescriveva, e tale situazione si protrasse per tutto il Basso Medioevo. Ma giunti intorno al 1200 le due figure di medico e di farmacista vengono divise e da quel momento tutta la legislazione sembra avere un chiodo fisso: evitare accordi economici tra le due professioni.

È l’imperatore Federico II a legiferare per primo sulla materia. Nelle sue Constitutiones Regni Siciliae, promulgate tra il 1230 e il 1240, stabilisce la necessità di autorizzazione da parte di un Collegio Medico per l’esercizio della farmacia, e ordina che il medico non contragga società coi farmacisti (societatem cum confectionariis), né che tenga una bottega farmaceutica di sua proprietà. Dunque, il conflitto d’interessi viene subito visto come un rischio concreto, che non si attenuerà col passare del tempo ma, anzi, richiederà continui richiami, leggi, decreti, da parte dei governanti.

A Venezia, nel 1258 il Capitolare dei medici ai commi IV e V vietava sia la cointeressenza tra medici e speziali nei guadagni dalla vendita dei farmaci, sia la presenza di un medico che esercitasse nella farmacia stessa:

“…non habebo societatem cum aliquo apotecario, scilicet quod habeam portionem lucri medicinarum que venduntur pro me in statione apotecarii.[1]

Il divieto si ripete nelle leggi e ordinamenti di numerosi Comuni e Stati italiani. Lo troviamo infatti negli statuti comunali di Trento, che risalgono alla prima metà del 1300; negli Statuta Civitatis di Recanati del 1426, negli Statuti della Magnifica Città di Verona del 1561, dove si aggiunge anche il divieto di indirizzare i pazienti in una specifica farmacia.

Tuttavia, diverse città accettavano o almeno tolleravano accordi e società a vario titolo tra medici e speziali, e anche dove vigeva il divieto la sua efficacia era scarsa.

A Firenze, ad esempio, molti medici avevano continuato a gestire farmacie in proprio e altri aggiravano il divieto avviando una farmacia intestata a un parente. Così nel 1550 il duca Cosimo I decise di ribadire e inasprire le norme già note, e di farle rispettare. Gli uffici Ducali vennero sommersi di lettere di medici che si trovavano nella spiacevole situazione di dover lasciare una attività lucrosa, spesso più dell’arte medica. Leggiamo la supplica di Maestro Nanni Buselli medico fisico della città di Arezzo, datata 27 novembre 1550:

“…trovandosi lui gravato di otto figlioli co’ tale poche facoltà et avendo già dua suoi figlioli inviati al exercitio della spetieria e per fargli pigliare in tale exercitio qualche sussistentia (…) bisogna che detto Nanni co’ tutta sua famiglia vadi mendicando perché non le possibile che col guadagno del medicare solo, quale ha poco, possa tal povera famiglia sustantare”

Non risulta che il duca si sia mosso a compassione per il Buselli, né per gli altri che erano ricorsi a lui, salvo concedere alcuni mesi di proroga per smaltire le scorte di medicinali.

A un certo punto, qualcuno “perde la pazienza” lasciandosi prendere un po’ la mano. L’Arcivescovo Gianfrancesco Stoppani, governatore dello stato di Urbino, nel 1752 emise un “Bando sopra quelli che medicano e fanno spezierie”, di cui riportiamo il paragrafo IX:

“E credendosi impossibile, e come sarebbe nefando l’avere unione d’interesse i medici cogli speziali, intorno gli utili della spezieria, perciò rigorosamente si procederà, etiam per inquisitionem, contro simili, che tenessero interesse, o commercio unito, sotto pena di scudi cento per ciascheduno, ed altre etiam corporali a nostro arbitrio”.

Non sappiamo se e quante volte sia stata coinvolta l’inquisizione per tale reato, né se siano mai state comminate pene corporali. In ogni caso, con la Rivoluzione Francese e l’avvento di Napoleone in Italia si ritorna a semplici pene pecuniarie. Il “Manuale dei chirurghi, medici, speziali, levatrici” pubblicato a Milano nel 1812 recita:

È vietato il cumulativo esercizio delle professioni medica e chirurgica con quella di farmacista, o di stare associati d’interesse o di abitazione dei medici, chirurghi ecc. con dei farmacisti” e i contravventori di tali regole “incorreranno in una multa non maggiore di lire 150 italiane”.

Con l’ingresso nel XIX secolo il problema, lungi dall’essere risolto, diventa di dominio popolare. Infatti nella famosa poesia “Il medico condotto” scritta nel 1845 da Arnaldo Fusinato, una strofa recita:

Ordini a caso qualche sciroppo,

O qualche pillola che costi troppo,

È tutto inutile, ragion non vale,

Tu sei d’accordo con lo speziale.

Conclusioni

Nel 1992 l’inchiesta Mani Pulite, colpisce pesantemente anche la Sanità. Il ministro della Sanità, Francesco De Lorenzo, e il direttore generale del Servizio Farmaceutico del Ministero, Duilio Poggiolini, entrambi medici, sono accusati e processati per aver ricevuto tangenti dall’industria. Il memoriale redatto alcuni anni dopo da Poggiolini è un bell’esempio di come reagiscono molti medici quando gli viene contestato un conflitto di interessi.

1) Le elargizioni ricevute sono sempre state insistentemente offerte senza alcuna richiesta da parte mia e senza alcuna contropartita

Ma perché mai un’industria dovrebbe spendere denaro, che nella fattispecie è arrivato ad ammontare a miliardi di lire, senza alcun ritorno economico? Gli investimenti di un produttore sono finalizzati alla vendita, e se dopo la prima elargizione non segue una soddisfacente contropartita, vengono subito interrotti e casomai dirottati su qualcun altro.

2) Parte di esso non fu nemmeno effettivamente ricevuto in quanto destinato al finanziamento di lavori scientifici e allo sviluppo di attività internazionali (convegni, congressi)

Sembra che non ci sia consapevolezza che una ricerca finanziata dall’industria possa esserne condizionata, così come un congresso venga sponsorizzato solo se non va contro l’interesse dei produttori.

3) I cittadini non hanno sofferto in alcun modo oneri economici né hanno subito tanto meno danno alla propria salute

Se un farmaco concedibile viene approvato con un prezzo gonfiato, è un onere che non ricade sul singolo ma su tutta la collettività. Oltre tutto il costo dei farmaci è determinato anche dal costo della sua promozione, tangenti comprese. E sostenere che nessuno ha avuto un danno alla salute deve essere dimostrato: sono numerosi gli esempi di farmaci ritirati dal commercio per effetti collaterali che non erano stati evidenziati negli studi preliminari.

Al giorno d’oggi, nessun medico è disposto a riconoscere che le aziende farmaceutiche possono influenzare le sue prescrizioni attraverso regali, viaggi, congressi pagati, corsi di formazione gratuiti. Alla domanda diretta se si sente condizionato da tali favori, la risposta più probabile è “Io no, forse altri colleghi…”. Nessuno nega che chi produce e vende cerchi in tutti i modi di vendere sempre di più e aumentare i profitti, attraverso la pubblicità e la promozione dei propri prodotti. Ma poiché la vendita dei farmaci nella maggior parte dei casi richiede un intermediario, cioè il medico, è naturale che tale promozione sia fatta su di lui. Era già chiaro ottocento anni fa.

[1] “Non avrò società con alcun farmacista, cioè non avrò una parte di lucro sulle medicine da me prescritte e vendute in farmacia”

Franco Lupano, Medico di Medicina Generale, CSeRMEG – Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale CISO – Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospedaliera, è stato medico di famiglia a Trofarello in provincia di TorinoFormatore in Medicina Generale, si occupa della formazione specifica e permanente dei medici di famiglia; è inoltre incaricato dell’insegnamento tutoriale agli studenti del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università di Torino. Oltre ad essere Presidente del CISO Piemonte, è autore di varie pubblicazioni e collabora a riviste specializzate con articoli di storia sanitaria, in particolare sulla sanità pubblica, i medici condotti, il conflitto di interesse, la relazione medico-paziente.

Dai Medici condotti al Servizio Sanitario Nazionale

All’ISRAL di Alessandria una mostra dedicata al ruolo del medico e della sanità nella storia

La creazione del Servizio Sanitario Nazionale, il 23 dicembre 1978, giunge dopo un percorso lungo i secoli passati, in cui il diritto alla salute per tutti ha fatto da filo conduttore nella storia d’Italia: a partire dai medici condotti, incaricati di garantire cure mediche gratuite per i poveri, passando attraverso l’assistenza sanitaria per malattie di particolare rilevanza sociale, come la malaria e la tubercolosi, giungendo poi alle Casse Mutua Malattie, il servizio sanitario pubblico si è progressivamente esteso a quasi tutta la popolazione; parallelamente si sviluppava tra i cittadini la consapevolezza del diritto all’assicurazione contro le malattie, che portò fin dalla prima metà dell’Ottocento alla creazione delle Società di Mutuo Soccorso per i lavoratori.

La Valorizzazione e la difesa del Servizio Sanitario Nazionale sono gli obiettivi di una mostra che racconta la sua storia e che oggi, con la fase di emergenza sanitaria causata dalla pandemia ne evidenzia l’importanza e l’insostituibilità. Un cammino di trasformazione che ha portato le antiche condotte mediche agli attuali servizi e presidi che garantiscono il diritto alla salute universale. Inoltre, la mostra promuove la conservazione e la conoscenza di un patrimonio di strumenti, oggetti, documenti pressoché sconosciuto, in alcuni casi unico al mondo, e spesso recuperato fortunosamente al degrado e all’oblio.

Curata dal Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospitaliera (CISO Piemonte) in collaborazione con l’Archivio Scientifico e Tecnologico dell’Università di Torino e con la Fondazione Donat-Cattin, la mostra arriva ad Alessandria dopo l’esposizione al Polo del ‘900 di Torino grazie alla ‘Fondazione Centro per lo studio e la documentazione delle società di mutuo soccorso onlus’ in collaborazione con il Centro Studi per le Medical Humanities dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria e il fondamentale supporto dell’ISRAL e il patrocinio dell’Ordine dei Medici della provincia di Alessandria.

Il Servizio Sanitario Nazionale italiano nasce dopo un lungo percorso di attenzione alla salute pubblica che ha le sue radici nei medici condotti e negli istituti di assistenza ai malati poveri, passando attraverso la riforma sanitaria del Regno d’Italia del 1888, e proseguendo verso una progressiva estensione del diritto alla salute a tutti i cittadini che si concretizza con la legge 833 del 23/12/1978: un patrimonio sociale, scientifico e politico da salvaguardare.


Franco Lupano, presidente del CISO Piemonte spiega: “La mostra seguirà il cammino del Sistema Sanitario Nazionale, che permetterà anche di illustrare il progresso della scienza medica in Italia attraverso l’esposizione di strumenti medico-chirurgici, alcuni unici al mondo, custoditi dall’Archivio Scientifico e Tecnologico dell’Università di Torino. L’esposizione sarà suddivisa in tre aree: il periodo pre e post-unitario dal punto di vista dell’assistenza sanitaria pubblica e delle condizioni sanitarie italiane, che si conclude con la riforma del 1888. Una seconda area espositiva dedicata agli sviluppi della medicina nel ‘900 in Italia, affiancati dal diffondersi del diritto all’assistenza e delle assicurazioni sanitarie, dal Mutuo Soccorso agli Istituti Mutualistici, fino all’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978. Una terza area dedicata al progresso dell’assistenza sanitaria in Italia con il SSN fino ad oggi, illustrandone l’evoluzione di alcuni indicatori di salute, come la speranza di vita, la mortalità complessiva e quella di alcune patologie, per far comprendere quanto lavoro si è fatto, ma anche quanto ci sia ancora da fare, con l’obiettivo di continuare a garantire un’assistenza sanitaria equa e adeguata a tutti”.

La mostra sarà visitabile nella Galleria Guasco (via Via Guasco 49) dal 6 novembre fino a sabato 11 dicembre 2021 con i seguenti orari e le seguenti modalità di accesso: 
lunedì ore 14.30-18.30 
martedì - giovedì ore 9.00-13.00 / 14.30-18.30 
venerdì ore 9.00-13.00
sabato e domenica prenotazione obbligatoria con almeno un giorno di anticipo: comunicazione@ospedale.al.it

In collaborazione con:
CISO – Il “Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospedaliera” del Piemonte è costituito da un gruppo di ricercatori, storici e medici, con lo scopo di sviluppare le ricerche sulla storia della sanità, dell’assistenza e della medicina, e di promuovere iniziative capaci di offrire un contributo per lo sviluppo di migliori sistemi sanitari e di sicurezza sociale. Si propone inoltre di procedere alla ricognizione, alla conservazione e allo studio di fondi archivistici e librari inerenti la storia sanitaria e ospedaliera del Piemonte. Il Centro è aperto alla collaborazione con istituzioni italiane e straniere ed organismi internazionali che operano nel campo della storia della sanità, dell’assistenza, della medicina.

ASTUT – è la struttura universitaria deputata a raccogliere, conservare, studiare e valorizzare i reperti materiali testimoni della ricerca e della didattica nell’Ateneo torinese. Nato nel 1992 raccoglie nei magazzini e negli spazi espositivi strumenti, accessori, arredi, carte, fotografie, filmati, ecc. di un periodo che va dalla fine del XVIII secolo ad oggi. Le collezioni sono di continuo arricchite anche da donazioni di aziende, enti privati e pubblici e di singoli cittadini.

‘Fondazione Centro per lo studio e la documentazione delle società di mutuo soccorso onlus’ – presieduta dal professor Guido Bonfante, è un ente afferente alla Regione Piemonte il cui scopo è la tutela e valorizzazione del patrimonio storico, artistico, documentale e valoriale delle circa 400 Società di mutuo soccorso piemontesi e il progetto della mostra è stato seguito da Stefano Minerdo e Barbara Menegatti.

Centro Studi Spedalità Cura e Comunità per le Medical Humanities (CSCC) – strutturato nell’Infrastruttura Ricerca, Formazione e Innovazione (diretta dal Dr. Antonio Maconi ) ha sede operativa presso il Centro Documentazione Aziendale, con la missione di favorire la conoscenza delle Medical Humanities nella pratica clinica quotidiana e il loro insegnamento con la consapevolezza che esse tendono allo studio di tutte le forme che definiscono il rapporto fiduciario tra medico e paziente.