Ottocento e Positivismo: Bernard e il metodo sperimentale

Agli inizi dell’Ottocento, sotto l’influenza dei concetti vitalistici, si riduceva l’interesse per l’approccio sperimentale e l’analisi fisico-chimica, e in Germania, Austria, Francia e Italia presto cominciò a emergere una nuova generazione di ricercatori.

«L’osservazione è una scienza passiva, la sperimentazione attiva»

claude bernard

La sistematizzazione dell’approccio sperimentale nella ricerca fisiologica si ebbe con Claude Bernard (1813-1878) e Carl Ludwig (1816-1895), i quali teorizzarono il determinismo assoluto delle manifestazioni vitali, sostenendo inoltre che la sperimentazione è il modo migliore per scoprire le cause specifiche dei fenomeni vitali.

L’idea di Bernard e Ludwig circa la natura del metodo sperimentale coincideva singolarmente con quella definita a livello filosofico da John Stuart Mill (1806-1873) nel Sistema di logica pubblicato nel 1843, che contiene un’analisi della metodologia di controllo empirico intesa come metodo per stabilire le imputazioni causali.
Il principale sostenitore del metodo sperimentale come cardine della ricerca fisiologica fu Claude Bernard, che diffuse il suo credo epistemologico soprattutto attraverso l’Introduction à l’étude de la médecine expérimentale. Egli riteneva che lo scopo del metodo sperimentale consistesse, tanto nello studio dei viventi come dei corpi inanimati, nel trovare relazioni che legano un fenomeno qualunque alla sua causa prossima. Il che significava determinare le condizioni necessarie per il manifestarsi del fenomeno stesso.
L’abilità dello sperimentatore consiste nel creare le condizioni per cui si possono confrontare i risultati di due esperimenti, in cui un solo elemento determinante cambi per valutarne l’influenza. Il confronto e le ripetizioni sono le due basi del metodo sperimentale, che consentono la determinazione delle condizioni sperimentali.
Per funzionare efficacemente il metodo sperimentale esige che il ricercatore debba essere un osservatore imparziale, non troppo affezionato alle proprie idee. Piuttosto deve essere portato a inventare continuamente nuove ipotesi o quelle che Bernard chiama idee “a priori”. L’invenzione non nasce comunque spontaneamente, ma è il risultato di una lunga gestazione a cui concorrono erudizione, spirito critico ma soprattutto originalità.

Claude Bernard teorizzava un determinismo chimico-fisico assoluto dei fenomeni vitali, normali e patologici, e assumeva il fatto che la fisiologia animale può essere considerata analoga a quella dell’uomo. Bernard prendeva le distanze dal concetto anatomo-clinico di malattia e prendeva come riferimento il principio di Broussais, per cui le malattie consistono essenzialmente in un cambiamento quantitativo (eccesso o difetto) degli stimoli indispensabili al mantenimento della salute.

Wöhler e la sintesi dell’urea

Nell’Ottocento si compì la rivoluzione della medicina legata ai fermenti intellettuali, culturali, politici e militari ma anche alle conquiste scientifiche che stavano trasformando la società. Come abbiamo già visto, erano numerosi gli strumenti a disposizioni di coloro che erano considerati a tutti gli effetti “scienziati” e la visione idealistica legata alla forza vitale andava sempre più affievolendosi per lasciare spazio alla ricerca fisiologica.

Di pari passo, tramontava l’idea della figura del medico onnisciente, capace di riassumere in una unica persona tutte le categorie del sapere, anche grazie a figure come Lavoisisier e a Friedrich Wöhler, che sintetizzando l’urea nel 1828 dava il primo esempio di una sostanza organica ottenuta in laboratorio ottenuta da sostanze inorganiche. Sfatando il mito della “forza vitale” in auge ai tempi.

Friedrich Wöhler (Eschersheim, 31 luglio 1800 – Gottinga, 23 settembre 1882) dopo aver compiuto studi di medicina, si dedicò alla chimica, sotto la guida di Jöns Jacob Berzelius. La sua gloria nella medicina è legata alla sintesi dell’urea, composto organico che egli ottenne partendo dal cianuro di ammonio, che è una sostanza inorganica. Questa fu la prova che non era necessaria alcuna forza vitale e che la produzione di tali sostanze non era appannaggio degli organismi viventi. Fu la rottura di un paradigma: sulla via aperta da Wöhler furono numerosi i composti organici composti per sintesi, anche più complessi dell’urea.

Sherrington e la neurofisiologia

In Inghilterra, verso la fine del 1800, sorse a Cambridge una Scuola di fisiologia dalla quale uscirono importanti lavori di fisiologia cardio-vascolare e di neurofisiologia.
Il fondatore di questa Scuola fu Michele Foster (1836-1907), ma il rappresentante più noto fu Carlo Scott Sherrington (1861-1952), insignito del Premio Nobel nel 1932, autore di ricerche fondamentali di neurofisiologia, tendenti a dare una forma definitiva e unitaria alle conoscenze sul sistema nervoso.

I principi di tale concezione sono esposti nell’opera The integrative action of the nervous system (1906). Fra queste ricerche sono particolarmente interessanti quelle riguardanti l’azione integrativa del sistema nervoso centrale (1906) e quelle sulle proprietà delle reazioni corticali sul tono muscolare in rapporto con le funzioni cerebrali (1909).
Il sistema nervoso ha la funzione di coordinare nello spazio e nel tempo il comportamento degli animali e dell’uomo. Il processo fondamentale di questa attività è il riflesso, su cui si fondano tutti gli atti comportamentali che un organismo svolge in risposta agli stimoli ambientali. Come i neuroni sono gli elementi anatomici costitutivi del sistema nervoso, i riflessi ne sono gli elementi funzionali. Le sinapsi collegano i neuroni tra di loro e permettono la connessione in unità integrate di processi riflessi diversi.

François Magendie

Professore della facoltà medica e medico aggiunto alla Salpêtrière, François Magendie (Bordeaux 1783 – Sannois, Parigi, 1855) è uno dei fondatori del moderno metodo sperimentale, non solo nel campo della fisiologia, ma anche in quello della patologia e della medicina pratica.
Si occupò di argomenti di patologia generale, di tossicologia, di farmacodinamica, di fisiologia della digestione e dell’assorbimento, del cuore, del calore animale, del sistema nervoso.
L’innovazione apportata da Magendie è prima di tutto metodologica, in un contesto, quello della seconda metà del Settecento in cui la medicina era ancora piena di pregiudizi religiosi e detti popolari che non suscitavano il minimo interesse nella ricerca e nell’approfondimento delle conoscenze sulla natura umana.
Fu professore di fisiologia e patologia generale al Collège de France, fondatore del primo periodico di fisiologia sperimentale, Journal de Physiologie Expérimentale (1821), eletto all’Accademia delle Scienze francese nel 1821 e fu presidente nel 1837.

Già nel 1809, prendendo posizione contro le dominanti concezioni vitalistiche, riaffermò la validità del metodo sperimentale.
La Rivoluzione fu per Magendie un periodo estremamente fecondo, nel quale poté concentrarsi negli studi sul sistema nervoso, che espose anni dopo. Nel 1816, presentò Précis de Physiologie, frutto dell’osservazione sull’uomo sano e sull’uomo malato. Nel 1831, l’epidemia di colera provocò numerose vittime e fu l’occasione per Magendie di ricercare e studiare, attraverso le autopsie che effettuava, la causa del male, senza, però, trovare soluzione. Francois Magendie fu il maestro di un’intera generazione di sperimentalisti tra i quali ricordiamo Claude Bernard.
Fu uno dei primi ad osservare l’anafilassi (una reazione di un animale all’iniezione nel sangue di una proteina estranea) quando scoprì (1839) che i conigli in grado di tollerare una singola iniezione di albumina d’uovo spesso morivano dopo una seconda iniezione.

Inoltre, Magendie nel 1815 fu chiamato a presiedere alla “Gelatin Commission” per deliberare se la gelatina animale potesse essere servita come alimento. Magendie allora annunciò che “chiunque abbia familiarità con il brodo sa che le sue proprietà nutrizionali sono dovute principalmente, se non interamente, alla gelatina”.
Un interessante approfondimento sulla Parigi ai tempi di Magendie e sul suo ruolo nella “Gelatin Commission” è disponibile qui
https://doi-org.bvsp.idm.oclc.org/10.1159/000338584 

Carl Ludwig e la fisiologia di Lipsia

Come già precisato in precedenti post, nel corso dell’Ottocento la fisiologia divenne una solida disciplina a base sperimentale: interessata da innumerevoli scoperte, fiduciosa nei suoi metodi, fu un modello per la diffusione della sperimentazione in altre aree della biologia e una fra le tante scienze di base considerate essenziali per il progresso e la pratica della medicina. Le spiegazioni storiche di quest’evoluzione si sono incentrate sul ruolo decisivo svolto da alcuni grandi fisiologi, fra cui, in particolare, François Magendie e Claude Bernard in Francia, Johannes Peter Müller che ebbe come celebri allievi Emil Du Bois-Reymond (1818-1896), Hermann von Helmholtz (1821-1894) e Carl Ludwig (1816-1895) in Germania.

Emil Du Bois-Reymond fu successore del Maestro a Berlino, è considerato il fondatore della moderna elettrofisiologia, mentre Hermann von Helmholtz fu I’inventore dell’oftalmoscopio (1851).

Fu pure allievo del Muller Friedrich Wöhler (1800-1882), che nel 1828 riuscì ad effettuare la sintesi di un composto organico, l’urea.

Carl Ludwig, direttore del celebre Istituto di Fisiologia dell’Universita di Lipsia, fu il primo in Germania a bandire dalla ricerca qualsiasi residuo di linguaggio qualitativo, per introdurvi in modo decisivo unicamente criteri di valutazione quantitativa, facendo cosi entrare la fisiologia nel novero delle scienze sperimentali. Nel 1842, appena ventiseienne, egli prospettò un’ interpretazione “meccanica” del processo di secrezione urinaria, in contrapposizone a quella vitalistica avanzata da Bowmann (1816-1892). Nel 1846 introdusse in fisiolgia il <metodo grafico>, allo scopo di oggettivare il più possibile ogni osservazione e di ridurre al minimo o annullare l’intervento di componenti soggettive nella valutazione. Costruì cosi il <chimografo>, con cui registro graficamente, per la prima volta, sulla carta di un cilindro rotante, la pressione sanguigna della carotide esterna del cane. Tra le tante indagini da lui svolte ricordiamo ancora quelle sulla secrezione delle ghiandole salivari (1850) e quelle sulla pressione capillare (1875), nonché sulla la scoperta del nervo depressore, fatte in collaborazione con il suo allievo Elia von Cyon (1843-1912). Ludwig fu inoltre autore di un importante manuale di fisiologia. Alla sua Scuola si formarono oltre 200 scienziati provenienti da ogni parte del mondo.