Andrea Vesalio è considerato il primo vero instauratore della nuova anatomia.
Vesalio è conosciuto per la sua opera “De Humani corporis fabrica”, dato alle stampe a Basilea nel 1543: si tratta di uno dei testi anatomici più noti anche un pubblico non specialistico e uno di quelli che hanno incontrato maggiore fortuna nella storia della medicina. Infatti è apprezzato per la qualità delle sue immagini prodotte in ambiente veneziano nella stretta cerchia di Tiziano, che rappresentano una vera rivoluzione dal punto di vista teorico sia per quanto riguarda l’uso didattico per cui essi erano state pensate.
Nulla è scritto una volta per tutte, ma il libro di anatomia viene composto solo dopo l’esecuzione diretta di una dissezione dopo aver visto e controllato direttamente la verità della natura.
Per Vesalio l‘immagine del corpo deve essere soprattutto strumento di comprensione anatomica, per consentire agli studenti di medicina di vedere organi anche quando il cadavere, per ragioni di spazio o per la stagione dell’anno non è consultabile come fonte.
La novità del suo lavoro è evidente in quanto il professore non è in cattedra ma lavora in prima persona all’apertura del cadavere, gli studenti non sono lontani e bloccati sugli scranni di un’aula universitaria, ma vicinissimi al corpo di cui possono controllare la dissezione. Non c’è libro già scritto a cui fare riferimento ma, analogamente a quanto accade proprio nella pubblicazione, sul tavolo anatomico fanno bella mostra di sé un rotolo di carta bianca e uno stilo. Il messaggio di Vesalio è chiaro e semplice: nulla è scritto una volta per tutte, ma il libro di anatomia viene composto solo dopo l’esecuzione diretta di una dissezione dopo aver visto e controllato direttamente la verità della natura.
Nato a Bruxelles nel 1514, dopo aver compiuto i primi studi all’università di Lovanio, passò in quella di Parigi per studiare medicina e quindi ritornò a Lovanio dove si dedicò agli studi anatomici.
Nell’ambiente parigino Vesalio mette a punto le sue principali qualità. Da un lato egli perfeziona gli strumenti di approccio al testo antico appresi a Lovanio ed entra in contatto con alcuni dei più raffinati editori di medicina greco romana del tempo, tra i quali Silvyus suo maestro, compagno e amico, che diventerà poi uno dei suoi fieri oppositori dopo la stampa del suo lavoro anatomico. La conoscenza approfondita del greco e quindi la possibilità di accedere in modo diretto ai libri di Galeno, cui la scuola parigina dedicava in quegli anni grande attenzione, gli consente di avere a disposizione una enorme quantità di materiali di lavoro con cui confrontare gli esiti dell’altra sua grande capacità, quella dissettoria.
Una perizia anatomica particolare che i suoi contemporanei registrano e lodano e la grande destrezza con il bisturi consentono al giovane medico di crescere nell’osservazione diretta del corpo umano e di guadagnare notevole fama che presto si espande in tutta Europa. Da Lovanio si trasferì a Padova, dove nel 1573 conseguì il dottorato in medicina e il giorno seguente, a soli 23 anni, venne nominato lettore in anatomia e chirurgia.
In questa città in cominciarono gli anni più fervidi e produttivi della sua carriera. Essendosi reso conto che l’insegnamento basato sui testi di Galeno era pieno di errori, decise di pubblicare, ad uso dei suoi studenti, sei grandi tavole anatomiche, in cui evidenziò le discrepanze esistenti fra le descrizioni anatomiche galeniche e la realtà rinvenibile nel cadavere.
A queste tavole fece seguito la pubblicazione, avvenuta nel 1543, della sua grande opera “De Humani corporis fabrica”, più semplicemente nota come “Fabrica”, nel significato di «funzionamento» o «meccanismo».

La “Fabrica” si compone di sette libri, così suddivisi:
- il primo preceduto da una vasta introduzione è dedicato allo scheletro
- il secondo ai muscoli e ai legamenti,
- il terzo all’angiologia,
- il quarto ai nervi e al midollo spinale,
- il quinto agli organi della nutrizione della generazione e dell’ordinazione,
- il sesto al cuore
- il settimo al cervello e agli altri organi di senso.
Segue l’esposizione di norme per la dissezione e la vivisezione.
Le descrizioni anatomiche di Vesalio in quest’opera segnano un grande progresso rispetto qualsiasi opera precedente: egli, infatti, illustrò l’esatto decorso delle vene, in cui riscontrò anche l’esistenza delle valvole, pur senza intuirne la funzione. Nell’anatomia del cuore mise in dubbio la permeabilità del setto, che però, non si sentì in grado di negare decisamente. In osteologia dimostrò che la mandibola consta di un solo osso e che lo sterno è diviso in tre parti e non in otto, come sosteneva Galeno.
Con la “Fabrica” però finì la splendida parabola di Vesalio. Avendo egli infatti osato rivoluzionare l’anatomia denunciando gli errori di Galeno, non potè sfuggire alle violente critiche dei conservatori a cominciare dal suo maestro parigino Silvyus che disapprovò aspramente le sue scoperte. Fino a Colombo che fu su allievo a Padova, a Falloppio che fu suo successore nella cattedra di anatomia e numerosissimi altri sparsi ovunque.
Queste polemiche così infiammate costrinsero Vesalio a lasciare Padova nel 1544 per ricoprire il posto di archiatra alla corte imperiale di Carlo V e poi di suo figlio Filippo II. Pur essendo altamente apprezzato da entrambi gli imperatori, non si dedicò mai più allo studio dell’anatomia con l’impegno precedentemente dimostrato.
Poco si sa della sua vita a corte, sembra però che egli si sia dedicato soprattutto alla pratica di chirurgo, limitandosi come anatomico a rispondere alle critiche che gli venivano mosse dai suoi numerosi nemici. Nel 1564 spinto da ragioni oscure partì da Madrid alla volta della Terra Santa: su questo episodio che doveva essere l’ultimo della sua vita, si congetturò da parte degli storici di ogni tempo, ma l’ipotesi che ha sempre predominato è che si trattasse di una espiazione per essere stato accusato presso il tribunale dell’Inquisizione di aver continuato a sezionare il corpo di un cortigiano che a qualcuno era parso ancora vivo. Condannato a morte dal tribunale, la pena sarebbe stata commutata per intercessione dell’imperatore Filippo II nella penitenza del viaggio in terra Santa. Recatosi a Gerusalemme, durante il ritorno la nave dove lui viaggiava andò a incagliarsi sulle sulle coste dell’isola di Zante, dove morì.
Andrea Vesalio è tradizionalmente presentato dalla maggior parte della storiografia come un innovatore e un rivoluzionario dell’anatomia in grado di sovvertire il paradigma galenico e di correggere gran parte degli errori di un’anatomia antica condotta soprattutto non su cadaveri ma su corpi di animali. In realtà, la posizione di Andrea Vesalio è più sfumata: egli, infatti, rappresenta il perfetto esempio dell’uomo di scienza di primissimo piano del suo tempo: in equilibrio tra l’eredità della medicina antica ancora sentita come fattore fortemente condizionante e una pratica molto innovativa che apre la strada a un secolo di fecondissimi studi, soprattutto anatomici che hanno favorito l’inserimento, nel secolo successivo, delle idee della rivoluzione scientifica.