Primo Forum della Medicina Narrativa

organizzato dalla società italiana di medicina narrativa il prossimo 28 settembre per sensibilizzare istituzioni e professionisti: la medicina narrativa è pratica quotidiana nel percorso di cura che migliora efficienza e l’efficacia

Le storie e la narrazione sono potenti mezzi di re-immaginazione. Ci permettono di capire gli altri e noi stessi, creare prospettive e dare un senso al conflitto e alla complessità. Sono strumenti per navigare nell’incertezza e nelle avversità con stupore, meraviglia e mistero. Lungi dall’essere semplice, ascoltare e cercare storie è un processo attivo: la scelta deliberata di creare magia, infilando e riallacciando la nostra relazione con il tempo.

“Con il termine di Medicina Narrativa (mutuato dall’inglese Narrative Medicine) si intende una metodologia d’intervento clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa. La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato (storia di cura). La Medicina Narrativa (NBM) si integra con l’Evidence-Based Medicine (EBM) e, tenendo conto della pluralità delle prospettive, rende le decisioni clinico-assistenziali più complete, personalizzate, efficaci e appropriate. La narrazione del paziente e di chi se ne prende cura è un elemento imprescindibile della medicina contemporanea, fondata sulla partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nelle scelte. Le persone, attraverso le loro storie, diventano protagoniste del processo di cura”

La medicina narrativa nasce negli Stati Uniti ma è approdata in Italia intorno agli anni 2000, nel 2009 si è costituita la società scientifica SIMeN e nel 2014 sono state emanate, mediante una Consensus Conference, le linee guida nazionali dall’Istituto Superiore di Sanità.

La SIMeN ha come finalità prioritaria quella di approfondire e divulgare le tematiche attinenti la Medicina Narrativa coinvolgendo il mondo dei pazienti e caregiver, associazioni e operatori sanitari e sociali, ricercatori.

Molto è stato fatto negli anni, ma si può fare di più: per questo motivo la SIMeN ha organizzato il primo forum italiano dedicato alla Medicina Narrativa il prossimo 28 settembre, con l’obiettivo di sensibilizzare le Istituzioni, oltre al mondo clinico e delle Associazioni pazienti, a vedere la medicina narrativa come pratica quotidiana nel percorso di cura che migliora efficienza e l’efficacia. 
Non tutti sanno che la medicina narrativa NBM (narrative based medicine) può essere integrata con le più conosciute EBM (evidence based medicine). Un esempio per tutti è l’aderenza (esempio ai trattamenti), l’uso scientifico e validato della MN attraverso un percorso formativo ad hoc porta ad una aumentata compliance.
SIMeN ha scelto come partner l’Università S. Anna per individuare un metodo formativo che sia valido ed efficace in tutte le realtà (secondo obiettivo).
Il terzo obiettivo è quello di lavorare con la sanità perché vengano prodotti dei PDTA di medicina narrativa.

L’appuntamento quindi per mercoledì 28 settembre dalle 14 alle 19 per costruire il quadro della medicina narrativa nella sanità italiana e a comporre il mosaico delle diverse realtà che costituiscono la Medicina Narrativa italiana. Questo il link per le iscrizioni https://form.jotform.com/Aonia/form-medicina-narrativa

La buona medicina basata sulla fiducia: call for poster

fidùcia s. f. [dal lat. fiducia, der. di fidĕre «fidare, confidare»] (pl., raro, -cie). – 1. Atteggiamento, verso altri o verso sé stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità, e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità.

Questa la definizione del termine fiducia presente sull’enciclopedia Treccani, che sintetizza in modo asettico quel sentimento utile a fare da collante in ogni tipo di relazione, fondante per ogni rapporto umano e sociale e alla base del rapporto tra medico e paziente, come ricorda Sandro Spinsanti (fondatore e direttore dell’Istituto Giano per le medical humanities, componente del Comitato nazionale per la bioetica e presidente di numerosi comitati etici per la ricerca) nel suo libro ad essa dedicato in cui sottolinea l’importanza della fiducia come impegno sociale prioritario, proprio a seguito di quanto è emerso con la pandemia: “La buona medicina è un tavolo tenuto in piedi da tre gambe: pillole, parole e fiducia. Se una di queste tre risorse viene a mancare, l’insieme crolla”

La fiducia sarà una della due parole a cui è dedicato il Festival delle Medical Humanities Iconografia della Salute, con una prima giornata che vedrà la relazione introduttiva di Sandro Spinsanti, che proverà ad approfondire questo concetto così complesso.

E proprio per raccogliere i molteplici e differenti progetti legati alla fiducia, è stata lanciata una call for poster aperta a tutti coloro che intendono sottomettere le progettualità, che saranno oggetto di presentazione nella terza giornata del Festival Iconografia della Salute.

La scadenza per la sottomissione del poster è il 20 settembre, per chiarimenti e approfondimenti è possibile scrivere a info@curaecomunita.it

 

Festival Medical Humanities dedicato a fiducia e fine vita

torna dal 24 al 26 ottobre l’appuntamento virtuale con iconografia della salute

Iconografia della Salute è il festival delle Medical Humanities ideato nel 2020 dal Centro Studi Medical Humanities di Alessandria per valorizzare questo approccio, che riunisce le tante discipline coinvolte che influiscono sul percorso di cura del paziente. Il Festival si svolgerà in maniera virtuale dal 24 al 26 ottobre rinnovandosi nel format, anche grazie alla collaborazione con il Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità e la Società Italiana di Medicina Narrativa, grazie al Comitato Scientifico del Festival con Cristina Cenci, Antropologa Founder dell’Istituto di Ricerca Body&Society LAB e del Center for Digital Health Humanities; Amalia Egle Gentile, Centro Nazionale Malattie Rare Istituto Superiore di Sanità; Stefania Polvani, Presidente Società Italiana Medicina Narrativa; Domenica Taruscio, Direttore Centro Nazionale Malattie Rare Istituto Superiore di Sanità e Mariateresa Dacquino, direttore del Centro Studi per le Medical Humanities dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria.

La terza edizione di Iconografia della Salute vede un focus su due parole chiave, ossia la fiducia e il fine vita: due temi delicati e d’attualità, tra loro strettamente correlati se si pensa al rapporto operatori di cura e persone assistite o ai momenti in cui il caregiver si confronta con le disposizioni anticipate di trattamento. I due argomenti rappresentano due momenti della narrazione, collegati alla capacità di ascolto dell’operatore di cura che dovrebbe svolgersi nell’intimità e con il coinvolgimento delle persone care che condividono il percorso degli assistiti.

La prima giornata del Festival sarà quindi dedicata alla fiducia, con la relazione introduttiva di Sandro Spinsanti, fondatore e direttore dell’Istituto Giano per le medical humanities, componente del Comitato nazionale per la bioetica e presidente di numerosi comitati etici per la ricerca e autore di ‘Una diversa fiducia’ (Il Pensiero Scientifico Editore) nella quale sottolinea l’importanza della fiducia come impegno sociale prioritario, proprio a seguito di quanto è emerso con la pandemia.
A seguire poi la presentazione del progetto progetto “Building Trust Italy” realizzato da Slow Medicine, con il vice presidente Domenico Colimberti che illustrerà le implementazioni sperimentali, già in corso di svolgimento presso gli Spedali Civili di Brescia e l’Ospedale San Donato di Arezzo.
La fiducia è alla base del rapporto tra gli operatori sanitari e il paziente, permette infatti una maggiore aderenza alle terapie e conduce a una migliore qualità di vita attraverso il dialogo e l’ascolto reciproco. Questo concetto è alla base della terza presentazione, realizzata da Nicoletta Suter, Società Italiana Medicina Narrativa e Davide Dealberti, Direttore SC Ostetricia e Ginecologia Azienda Ospedaliera Alessandria, che stanno implementando un vero e proprio reparto narrativo, alimentando la fiducia attraverso la narrazione. È prevista poi una sessione moderata da Patrizia Zeppegno, Professore associato UPO insieme agli Studenti di Medicina dell’Università del Piemonte Orientale, su come è possibile ‘costruire’ la fiducia.
La seconda giornata – il 25 ottobre – sarà dedicata al fine vita, un tema sociale e culturale, che si interseca con i valori che attribuiamo alla vita e alla morte e al periodo storico di riferimento, di pace, di guerra e di emergenza.
La relazione di apertura è affidata a Marina Sozzi, Direttrice Associazione SAMCO onlus che ha come obiettivo l’erogazione di cure palliative e il sostegno delle persone affette da malattie oncologiche, o altre patologie croniche e degenerative. A seguire poi il racconto dell’esperienza di Spoleto, raccolto nella pubblicazione “In modo giusto. Medicina narrativa nelle cure di fine vita” di Marta De Angelis e Paolo Trenta. Sempre sul tema dell’accompagnamento sarà presentato il progetto condotto nella Geriatria di Alessandria da Vincenza Ferrara, Direttrice del Laboratorio di Arte e Medical Humanities della Sapienza Università di Roma e Aldo Bellora, Direttore SC Geriatria Azienda Ospedaliera Alessandria.
Da ultimo poi un excursus della cure palliative nella storia della medicina curato da Donatella Lippi, Professore Associato di Storia della Medicina presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Firenze.

La terza giornata sarà invece aperta ai contributi di chi intende candidare il proprio progetto, che saranno oggetto di presentazione nelle due sessioni del 26 ottobre; inoltre, tutti i poster saranno proiettati nello spazio virtuale e dopo un’ulteriore peer review, saranno pubblicati in un numero speciale dei Working Paper of Public Health, rivista multidisciplinare in Sanità Pubblica, online e Open Access dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria. È possibile inviare la propria candidatura fino al 20 di settembre: il regolamento per la partecipazione con le informazioni dettagliate è disponibile sul sito del Festival www.iconografiadellasalute.it

Il Centro Studi per le Medical Humanities dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria rappresenta un un luogo privilegiato per discutere come le Medical Humanities consentano la piena realizzazione della visione olistica già introdotta e praticata da Ippocrate oltre duemila anni fa. L’Azienda Ospedaliera di Alessandria ha ritenuto strategico dare avvio a questo percorso di promozione, sostegno e potenziamento della ricerca nel settore delle Medical Humanities proprio attraverso l’istituzione del Centro Studi Cura e Comunità per le Medical Humanities, strutturato nell’Infrastruttura Ricerca, Formazione e Innovazione, con sede operativa presso il Centro Documentazione-Biblioteca Biomedica.
La missione del Centro Studi è l’approfondimento degli studi delle Medical Humanities, favorirne la conoscenza nella pratica clinica quotidiana e il loro insegnamento con la consapevolezza che esse tendono allo studio di tutte le forme che definiscono il rapporto fiduciario tra medico e paziente. 
Fanno parte del Comitato Scientifico del Centro Studi: Mario Cardano, Professore ordinario di Sociologia della salute presso il Dipartimento di culture, politica e società dell'Università di Torino, Ivo Casagranda, Formatore e divulgatore scientifico, Roberta Lombardi, Direttore Dipartimento per lo Sviluppo Sostenibile e la Transizione Ecologica Università del Piemonte Orientale, Catterina Seia, Presidente Cultural Welfare Center, Sandro Spinsanti, Fondatore dell’Istituto Giano per le Medical Humanities e il Management della Sanità.

Storia della medicina, l’evoluzione del rapporto tra medico e paziente

Intervista a Franco Lupano, presidente CISO, per riflettere sull’evoluzione del rapporto tra storia, medicina, relazione tra medico e paziente

Franco Lupano, Medico di Medicina Generale, CSeRMEG – Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale CISO – Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospedaliera, è stato medico di famiglia a Trofarello in provincia di Torino. Formatore in Medicina Generale, si occupa della formazione specifica e permanente dei medici di famiglia; è inoltre incaricato dell’insegnamento tutoriale agli studenti del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università di Torino. Oltre ad essere Presidente del CISO Piemonte, è autore di varie pubblicazioni e collabora a riviste specializzate con articoli di storia sanitaria, in particolare sulla sanità pubblica, i medici condotti, il conflitto di interesse, la relazione medico-paziente.

Perché studiare la storia della medicina e quali sono gli elementi che la rendono attuale?
In molte scienze applicate la storia della disciplina è considerata una parte importante della formazione perché aiuta a comprendere meglio le scoperte più recenti, anche quando modificano o rendono superate le ricerche precedenti. Penso alla matematica e alla fisica, ad esempio, il cui percorso nei secoli viene illustrato fin negli anni delle scuole superiori.
Non è così per la storia della medicina, che dagli stessi medici è stata spesso considerata come un hobby erudito, appannaggio perlopiù di colleghi in pensione, senza particolare rilevanza nella formazione universitaria. Penso che questo possa essere dovuto anche al fatto che la medicina ha vissuto una netta cesura nel suo cammino: un lungo periodo che inizia nell’epoca classica e si prolunga fino al termine dell’ancien regime, e quello ancora breve che giunge fino a noi in cui l’abbandono di ogni impostazione dogmatica e l’applicazione sempre più ampia del metodo sperimentale ha trasformato radicalmente la scienza medica rendendola in grado di influire positivamente sulla vita umana, sia in termini di durata che di qualità. La rivoluzione è stata tale che agli occhi di un medico moderno è del tutto irrilevante sapere quali erano le terapie, poniamo, della Scuola Salernitana, o le tecniche chirurgiche del XVIII secolo.

V0014458 Teaching Hospital School, Salerno, Italy: part of the Crypt
http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/

Ma se si allarga l’orizzonte di ricerca alle istituzioni sanitarie, al ruolo dello Stato nella sanità, alle relazioni spesso conflittuali tra medici e istituzioni, all’evoluzione delle malattie e a che cosa voleva dire ammalarsi nel passato, al ruolo sociale dei medici e all’evoluzione del rapporto tra medici e pazienti, si scoprono analogie sorprendenti con l’attualità, che possono aiutare mettere nella giusta luce molti problemi e forse anche ad affrontarli in modo più efficace.

Rispetto al rapporto tra medico e paziente, come ritiene sia cambiato? La relazione oggi è mediata dagli strumenti digitali, secondo Lei come hanno influito? E da ultimo, ritiene che il digitale abbia influito sull’accesso all’informazione sanitaria?
La relazione tra medico e paziente è sempre stata la base dell’azione terapeutica: lo era quando l’assenza di rimedi efficaci rendeva il medico un vero “farmaco”, richiesto dal paziente come sollievo psicologico pur nella consapevolezza della sua impotenza di fronte alla malattia, ed è per questo che per secoli si è ritenuto essenziale il passaggio quotidiano a domicilio del paziente, a volte anche due volte al giorno; man mano che l’efficacia delle risorse diagnostico-terapeutiche aumentava, si è assistito a un lento ma progressivo allentamento di questo legame, fino a considerarlo quasi ininfluente ai fini dell’efficacia dell’intervento medico.

La relazione tra medico e paziente è sempre stata la base dell’azione terapeutica

Proprio ora che, ormai da anni, si va rivalutando il suo valore e si sostiene la necessità di una vera formazione dei futuri medici alla capacità di relazione umana coi pazienti, è prepotentemente intervenuto il computer, che potrebbe spingere a un’ulteriore spersonalizzazione: il medico che guarda il computer e non il paziente è un rischio reale, che può essere prevenuto solo con la consapevolezza di un ruolo che nell’arco dei secoli non è mai cambiato sostanzialmente.

Già nel 1500 Leonardo Botallo sosteneva che solo se si instaura un rapporto di fiducia tra medico e paziente è possibile ottenere quella che oggi si definisce una vera alleanza terapeutica.

Su tale consapevolezza si basa l’area di interesse del CISO: può indicarci quali sono i temi che oggi vengono approfonditi?
Il Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospitaliera si occupa di ricerche nell’ambito delle istituzioni, delle professioni sanitarie, delle malattie e dei malati con tutte le relazioni che intercorrono tra queste diverse figure. Un filone di ricerca molto importante è, ad esempio, la storia della malattia mentale e dei manicomi, attraverso la vita di chi veniva internato ma anche di medici e infermieri; interessa poi in particolare il ruolo che i medici hanno avuto in ambito sociale, politico e culturale, come gli igienisti che nella seconda metà dell’Ottocento hanno lottato tenacemente per ottenere provvedimenti come le fognature, la fornitura di acqua potabile, il controllo su alimenti, abitazioni, fabbriche, che hanno portato a un primo netto miglioramento dell’aspettativa di vita.
A questo proposito aggiungo che il CISO non è costituito solo di medici, ma anche di storici, in particolare, e di altre figure professionali come architetti, veterinari, biologi, che permettono di avere una visione più ampia e meno settoriale della sanità nel suo complesso.

Torniamo quindi al valore di una visione di insieme e della conoscenza della storia. Quanto ritiene possano influire questi elementi nella formazione dei nuovi medici? 
Come dicevo all’inizio, penso che possa aiutare a comprendere meglio quale sia il ruolo del medico nella società. Per alcuni può anche essere una riscoperta delle proprie radici: penso ai medici di famiglia, le cui origini risalgono al Medioevo, ma che hanno subito e progressiva svalutazione e conseguente perdita di identità professionale contro cui devono lottare ancora oggi.

Inoltre la storia sanitaria aiuta a dimostrare l’importanza dell’intervento pubblico nella sanità

Anche se l’avvento del COVID ha messo sotto gli occhi di tutti quanto sia importante e insostituibile il nostro Servizio Sanitario Nazionale, non ho l’impressione che ci sia stata una chiara inversione di tendenza rispetto al precedente processo di ridimensionamento. È vero che dopo anni di tagli si è passati a un aumento del finanziamento, ma le spinte privatistiche continuano a essere forti, e la necessità di difenderlo rimane sempre attuale. Anche la conoscenza storica può contribuire.

Approfondimenti sul CISO 
http://www.cisopiemonte.it 

Info sulla mostra 'Dai medici condotti al servizio sanitario nazionale'  
https://www.ordinemedici.al.it/index.php/aziende-sanitarie/2097-11-2021-ao-al-mostra-dai-medici-condotti-al-servizio-sanitario-nazionale
Intervento video di Franco Lupano 
https://youtu.be/XKQ5cgEtx7c?list=PL8yUCdPKhTaxA5QxIprpb-PPYfr8uoJ5J&t=7167

Arte e Medicina per la formazione degli operatori di cura

l’arte come strumento per la formazione in area medica e sanitaria

Molte volte, su questo blog, abbiamo utilizzato opere d’arte per raccontare il percorso e l’evoluzione della medicina e dei molteplici tentativi dell’uomo di migliorare la propria condizione, individuare nuove terapie, scoprire come migliorare le diagnosi e rispondere ai quesiti posti dalla natura. L’arte consente di rendere visibile questo percorso, ma può essere uno strumento oggi per la formazione in area medica e sanitaria?
Una risposta chiara e decisa arriva da Vincenza Ferrara, direttrice del Laboratorio di Arte e Medical Humanities della Facoltà di Farmacia e Medicina dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza”: “L’arte può avere un ruolo centrale nell’ambito della formazione del Personale di Cura per lo sviluppo delle competenze e per l’Umanizzazione del percorso terapeutico. L’applicazione dell’Arte come strumento per l’apprendimento e la sua relazione storica con la Medicina possono essere un valido supporto per lo sviluppo di capacità quali l’osservazione, l’ascolto attivo, il problem solving e l’empatia, utili a migliorare la professione e il rapporto con il paziente. È possibile riscoprire il legame tra arte, medicina e cura per aiutare i professionisti della salute a migliorare la loro attività e suggerire alle istituzioni museali come supportare il loro benessere”.

L’ambito di ricerca di Ferrara riguarda l’uso del Patrimonio Culturale come strumento di apprendimento, di inclusione sociale e per la promozione del benessere adottando metodi innovativi.
“Il considerare l’arte come strumento utile per la professione Medica al pari altre “scienze umane” già applicate in questo settore, rientra nell’approccio Bio- Psicologico-Sociale che pone al centro del processo di cura il paziente. Attraverso l’arte è possibile costruire un messaggio narrativo legato al racconto della malattia, alla sua prevenzione o alla costruzione del rapporto empatico con il paziente e relazionale con familiari e colleghi. È attraverso un viaggio nella rappresentazione del corpo umano nell’arte, della professione medica o delle attività di cura attraverso i secoli o l’applicazione della Iconodiagnostica per il supporto alla storia dell’arte o allo studio di patologie al momento scomparse che si vuole dare una visione degli studi internazionali e di attività ormai consolidate e delle esperienze italiane che cominciano a introdurre questa disciplina per la formazione e l’aggiornamento dei Medici”.

Questo approccio non è solo frutto dell’esperienza di Ferrara, che svolge attività seminariali e di insegnamento in corsi universitari di area medica e sanitaria, formazione per insegnanti e operatori museali in relazione ad ambiti legati alla pedagogia, psicologia speciale, museologia e Medical Humanities. Le evidenze scientifiche danno un fondamento molto strutturato a questo approccio: “Numerosi studi americani – spiega ancora Ferrara – dimostrano che gli studenti di storia dell’arte o di belle arti hanno una maggiore elasticità mentale e una maggior capacità di problem solving. Importante in questo ambito è la ricerca di Rudolf Arnheim, che spiega in modo convincente la connessione tra la percezione visiva e il pensiero. Identificare ciò che vediamo, secondo Arnheim, è un atto di conoscenza. Quando si guarda qualcosa, si attuano rapidamente dei meccanismi di comprensione per riconoscere e afferrare il senso di ciò che ci viene messo dinanzi agli occhi. Inoltre grazie agli stimoli visivi si mettono in moto automaticamente pensieri e abilità atti a risolvere problemi. L’osservazione attenta di un’opera d’arte attiva, in maniera quasi istintiva, molteplici ragionamenti capaci di arrivare a soluzioni logiche e analitiche”

Per fare alcuni esempi, possiamo citare alcuni dei settori di studio che vengono affrontati da Ferrara e dallo staff di giovani medici e storici dell’arte che sono parte del suo gruppo di ricerca: la relazione tra artisti e medici è fortemente legata alla rappresentazione dell’arte medica.

Mundinus

Numerosi sono gli esempi, a partire dalle prime pubblicazioni di anatomia (tra i primi ‘de Anatomia’ di Mondino De Liuzzi 1270-1326) nel quale è possibile trovare l’applicazione delle migliori tecniche del disegno dal vero per la rappresentazione di organi. In questo filone va citato Andrea Vesalio (1514-1564) che disegnò personalmente la rappresentazione del corpo umano sulla sua De Humani Corporis Fabrica.

L0063832 Andreae Vesalii Bruxellensis
Credit: Wellcome Library, London. Wellcome Images
Andreae Vesalii Bruxellensis, scholae medicorum Patauinae professoris De humani corporis fabrica libri septem …
1543 Andreae Vesalii Bruxellensis, scholae medicorum Patauinae professoris De humani corporis fabrica libri septem …
Andreas Vesalius
Published: anno salutis reparatae 1543. Mense Iunio.
Copyrighted work available under Creative Commons Attribution only licence CC BY 4.0 http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/

Ancora, in questo ambito possono essere inserite le rappresentazioni delle dissezioni, e quindi l’insegnamento dell’anatomia, la cui più famosa lezione della storia forse è rappresentata da Rembrandt nella Lezione di anatomia del dottor Tulp, 1632

Altri esempi interessanti sono le rappresentazioni del Quattrocento, dove emerge una analisi e un profondo studio dell’anatomia umana di cui Leonardo Da Vinci è stato la massima espressione.

Ferrara utilizza uno specifico metodo, quello delle Visual Thinking Strategies, per il quale è autrice di numerosi articoli scientifici e divulgativi; l’arte come strumento utile in ambienti di apprendimento è stato descritto in un libro “L’arte come strumento per la formazione in area medica e sanitaria” edito da Aracne Editore, 2020.
Ma cosa sono le Visual Thinking Strategies? Risponde l’esperta : “Si tratta di una metodologia che si basa sugli studi, negli anni 70, di Abigail Housen, una psicologa cognitivista americana che ha approfondito l’interesse e le diverse reazioni sviluppate dal pubblico osservando opere d’arte. Nel lungo percorso della ricerca Housen identifica cinque tipologie di osservatori, ma in tutti, dopo l’osservazione dell’arte, riscontra una crescita sul piano estetico. Dopo anni di osservazioni e dialogo con i visitatori, nel 1979 descrive la vastità di tipologie di pensiero che l’arte è capace di suscitare. Nel 1988 gli studi della Housen si intrecciano con quelli dell’educatore museale Philip Yenawine (worked at Museum of Modern Art, NY). Insieme comprendono la potenzialità che l’osservazione dell’opera d’arte può avere nello sviluppo di importanti competenze cognitive. Partendo da queste idee mettono a punto il metodo didattico della VTS. Inizialmente applicato nelle scuole ha avuto una sua applicazione anche nel settore della formazione medica e sanitaria. Questo sviluppo è collegato al significato dell’osservazione e ai due concetti che risultano collegati l’osservazione dell’arte e l’arte dell’osservazione”.

Vincenza Ferrara sarà uno degli ospiti che parteciperanno a Iconografia della Salute, il Festival delle Medical Humanities organizzato dal Centro Studi Cura e Comunità per le Medical Humanities dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria: questo il link per seguire l’appuntamento su YouTube.