Questa definizione è la teoria patogenetica formulata per la prima volta dal genio di Gerolamo Fracastoro nella sua opera De contagione et contagiosis morbis eorumque curatione (Del contagio e delle malattie contagiose e della loro cura), pubblicata a Venezia nel 1546.

Nei tre libri di questo trattato si esprime chiaramente l’intuizione che gli agenti patogeni siano esseri viventi invisibili ad occhio nudo, i seminaria prima, i primi semi, che si trasmettono per infectio o contagio. Questo si realizza o per contatto diretto fra malato e sano, come nel caso della scabbia, della lebbra, della lue venerea quando la si contrae in conseguenza di rapporto sessuale; o per mezzo di veicoli, come vesti, biancheria intima o biancheria da letto usate da malati e maneggiate, poi, da sani (Fracastoro aveva osservato nei casi in cui si era contratta la sifilide pur senza aver avuto rapporto sessuale con il malato).
Fracastoro chiama questi veicoli fomites, ossia esche, quel preparato vegetale che trasmette alle foglie o alla legna secche il fuoco delle scintille prodotte dalla pietra focaia battuta dall’acciarino.
Infine le malattie si possono trasmettere senza contatto diretto e senza veicolo, ma attraverso l’aria, come nel caso della peste, del vaiolo, di tutte, insomma, le malattie epidemiche.
L’intuizione del contagio vivo e dei seminaria prima si opponeva decisamente alla tradizionale patologia umorale.
Confermata dalle scoperte di Redi, Spallanzani e di tutta la schiera dei grandi medici e biologi dal Seicento in avanti, ebbe la trionfale conferma dalle scoperte di Pasteur, di Koch e di tutta la patologia moderna, della quale essa può considerarsi la grande madre.