La febbre

Nonostante i numerosi e spesso intelligenti tentativi compiuti dai medici antichi in particolare dai Dogmatici, Galeno in testa, di individuare le cause delle malattie e nonostante le sottilissime distinzioni fatte fra cause prime, cause naturali, cause ambientali, ecc. la medicina continuò, praticamente sino al Settecento, a considerare la febbre come una malattia e sottopose tutti i possibili tipi di febbre a scrupolosissimi esami, a sottilissime distinzioni, sino a giungere all’albero delle febbri del Torti.

Francesco Torti (1658-1741)
medico e anatomista italiano
Il volume raccoglie interventi di altri personaggi altrettanto importanti del XVII e XVIII secolo, a cominciare dal collega Bernardino Ramazzini, titolare della cattedra “gemella” di Modena.
Il Torti cercò di informare la pratica medica a basi più scientifiche: infatti, in questo trattato fornì una più moderna classificazione delle febbri malariche, esemplificata mediante un’illustrazione nota con il nome di Albero delle febbri, avviando il relativo trattamento terapeutico con il chinino.

Non c’è opera di Galeno che si occupi di diagnosi, di prognosi, di terapia (dalle opere di farmacologia a quelle sui polsi; dalla Grande alla Piccola arte medica; dai manuali per gli studenti a quelli sulla flebotomia, ai Metodi per curare) e che non dedichi alle febbri una grossa parte, spesso la parte maggiore: intermittente, quotidiana, terzana, pseudoterzana, quartana, pseudoquartana e via dicendo.
In generale si tratta di forme diverse di affezioni malariche (la malaria fu praticamente endemica in molte zone d’Europa: si pensi, in Italia, alla Maremma toscana ed alle paludi Pontine sino ai primi decenni dello scorso secolo, e lo è tuttora in molte del mondo), ma spesso si tratta di tutt’altro che di malaria, come nel caso della febbre effimera o nei casi di febbre causate da affezioni interne che il medico antico non era in grado di diagnosticare correttamente.
A partire da alcune opere del Corpo ippocratico, segnatamente dai famosi Aforismi, che costituirono una specie di vangelo per tutti i medici sino al Cinquecento, e dalle opere di Galeno, si moltiplicarono i trattati Sulle febbri, sia in greco (particolarmente nella cultura bizantina fra il V ed il XIII secolo), sia in latino, i cui autori godettero, grazie a questi loro trattati, di grandissima fama.
Uno degli scritti più famosi sull’argomento ci è giunto sotto il nome di Alessandro di Afrodisia, ma la maggior parte delle affezioni delle quali si occupa Giovanni Attuario nel suo trattato Perì diagnóseos (Sulla diagnosi) è costituita dalle febbri come ad esse dedica Psello ben 330 versi del suo Pónêma iatrikón (Opera di medicina).  Alle febbri è dedicata gran parte del trattato Quaestiones Medicinales (Questionario di medicina) pervenutoci col nome di Sorano, ma sicuramente apocrifo, e, infine, a diagnosi, prognosi e cura della febbre è dedicata gran parte della produzione scientifica della scuola medica salernitana.

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