Fin dalle epoche più antiche, l‘immagine del malato identifica il povero, l’emarginato, il bisognoso: la malattia diventa attributo di uno specifico stato sociale, tanto che la sanità coincide con l‘assistenza ai poveri e ai mendicanti.

La povertà stessa è detta morbum genitrix a sottolineare la strettissima connessione, appunto tra povertà e malattia, poiché l‘indigente era colui che non poteva permettersi cure adeguate e, oltre a ciò, spesso aveva un‘alimentazione scarsa o inadeguata, andando ulteriormente a indebolire organismo e difese immunitarie.
La forma più grave è, naturalmente, quella del malato allettato: giacere nel letto, quando non è per riposo o per piacere, è sinonimo di malattia; non a caso, le dimensioni degli ospedali si misurano in numero di posti letto; la stessa clinica, intesa come modalità di approccio diagnostico al malato, prende il nome dal greco kline (letto).
Numerosi e di tutti i secoli gli esempi che sottolineano questo approccio, a partire dalle immagini dei codici medievali in cui era diffusa la credenza che la malattia fosse una ‘punizione divina’, come abbiamo raccontato qui a proposito della lebbra
Ma il paziente è anche un ‘miracolato’ come emerge nella rappresentazione di un capolavoro del Beato Angelico (1440) che racconta la storia dei due santi medici Cosma e Damiano: i due santi sostituiscono la gamba malata del diacono Giustiniano con quella di un etiope morto. Tutto s i svolge all’interno di una camera da letto, i due sembrano veri medici sul tavolo operatorio. L’immediatezza realistica del miracolo. L’immagine è visibile in modo molto dettagliato nella mostra virtuale organizzata dagli Uffizi, che abbiamo descritto qui
Il dipinto del francese Frédéric Bazille (L‘improvvisato ospedale da campo, 1865) ritrae l‘artista Claude Monet allettato, convalescente in seguito a un incidente alla gamba; il titolo dell‘opera suggerisce come sia stata prontamente allestita una stanza atta a ospitare l‘infermo, quasi fosse all‘interno di un ospedale. Facendo tesoro dei suoi studi di medicina, Bazille ha realizzato un‘attrezzatura complessa in grado di assicurare un certo sollievo all‘amico: un recipiente, che funge da contrappeso, è sospeso all‘estremità di due corde, mentre alcune coperte poste una sopra l‘altra servono a tenere sollevata la gamba ferita; nel disordine del letto si distingue chiaramente la ferita rosseggiante sulla tibia di Monet, mentre il viso dell‘artista esprime la prostrazione per
l‘immobilità forzata.
La pittura ottocentesca è molto ricca di opere che raffigurano malati a letto, in particolare bambini, proprio come Il giorno di visita a l’ospedale (1889) che consacrò Jean Geoffroy, che si firmava “Geo“, pittore di malattia, miseria e morte; ma l’opera è anche un inno al progresso medico.
Un esempio di rappresentazione di dolore al femminile è fornito dall’opera di Munch, ne La fanciulla malata, opera autobiografica che prende spunto dalla tragica morte della sorella quindicenne Sophie, stroncata nel 1877 da una feroce tubercolosi. Simbolo della fragilità femminile anche La “Convalescente” di Jenny Nyström come abbiamo descritto qui