Elisabeth H. Winterhalter: la prima donna chirurgo in Germania

Elisabeth H. Winterhalter (17 December 1856, Munich – 13 February 1952, Hofheim am Taunus) è stata ginecologa, femminista e mecenate tedesca. È stata una dei primi medici donna e la prima donna chirurgo in Germania.

Nel ritratto di copertina del Frankfurt am Main Städl Museum è ritratta seduta al suo scrittoio dalla pittrice svizzero-tedesca Ottilie W. Roederstein e sua compagna. La penna in mano, il libro aperto, un teschio e un’ampolla di vetro, così come altri libri sugli scaffali, identificano Winterhalter come scienziata e medico. Aveva intrapreso gli studi in medicina in Svizzera nel 1885.
Dopo aver conseguito la laurea in medicina e aver completato il lavoro post-laurea in chirurgia e ginecologia, le è stata negata l’opportunità di sostenere l’esame di licenza medica nella sua nativa Germania. Nonostante questo si affermò come ginecologa e ostetrica e, nel 1895, divenne la prima donna chirurgo in Germania a eseguire una laparotomia. Insieme al Dr. Ludwig Edinger, sotto l’egida del Prof. Carl Weigert, condusse ricerche che portarono alla scoperta della cellula gangliare dell’ovaio e pubblicò un importante articolo sull’argomento nel 1896
La comunità scientifica, incluso uno dei principali ricercatori di biologia riproduttiva del periodo, non furono in grado di trovare i “gangli di Winterhalter” nei loro preparativi e conclusero che Winterhalter aveva osservato cellule non neuronali. Quasi un secolo dopo, i ricercatori con l’utilizzo di tecniche istochimiche hanno riscoperto i neuroni autonomi nelle ovaie dei primati, rivendicando Winterhalter e sostenendo parti della sua “teoria dell’influenza nervosa” sulla funzione ovarica.

Roederstein sceglie deliberatamente di raffigurarla richiamando lo stile dei ritratti degli studiosi rinascimentali (per esempio al ritratto di Erasmo da Rotterdam di Hans Holbein il Giovane), differenziandosi così ampiamente dal tipo di ritratti femminili pomposi ed eleganti che erano abituali nel XIX secolo. Esprime in maniera sicura la rivendicazione all’istruzione e alla parità in una società dominata dagli uomini, dato che alle donne era ancora negato l’accesso all’università in gran parte d’Europa e lo sarebbe stato fino alla fine del secolo.

Arte e anatomia

L’anatomia è la scienza biologica che studia la forma e la struttura degli esseri viventi. Il suo nome (dal latino tardo anatomía, a sua volta derivato dal greco ἀνατέμνω, “tagliare, sezionare”) è legato alla pratica della dissezione, che fin dall’antichità ha costituito il principale metodo di indagine di questa disciplina.
L’anatomia anatomica è invece lo studio dell’anatomia condotto sezionando animali (scimmie e, soprattutto, maiali) e riferendo all‘uomo le strutture osservate nell‘animale. Non si tratta, quindi, di anatomia comparata, bensì di anatomia che si fonda sul principio di analogia (essendo X ed Y estremamente simili, quanto si osservi e si verifichi in X vale anche per Y, che Platone e Aristotele avevano considerato scientificamente valido e applicato da Galeno nella tarda antichità, fino al Medioevo. Una visione che unita agli ostacoli di ordine religioso, determina una profonda involuzione degli studi anatomici fino al 1315 quando, per merito di Mondino de’ Liuzzi, l’anatomia ritrova nelle dissezioni sul cadavere la base delle sue indagini e del suo insegnamento senza peraltro sganciarsi dal dogmatismo imperante e quindi senza portare al superamento dei numerosi errori di Galeno.

Alcune tavole dell’Anatomia di Mondino nel commento di Berengario da Carpi. Uno scorticato con il petto aperto guarda e mostra il proprio cuore. Come tutte le altre, anche questa tavola è stata eseguita, in gran parte, dal vero.
Lezione medievale di anatomia. Illustrazione del Fasciculus medicinae, di J. de Ketham. 1491
Ma il vero protagonista della storia dell’anatomia è il fiammingo Andrea Vesalio che nel 1543 pubblicò De humani corporis fabrica il primo libro della storia che conteneva figure anatomiche in tre dimensioni, così come faceva la pittura rinascimentale.
Da citare poi Leonardo da Vinci (1452 - 1519), personificazione del genio rinascimentale che rivoluzionò sia le arti figurative sia la storia del pensiero e della scienza, oltre che profondo studioso delle ricerche anatomiche, disponibili grazie alla Royal Collection Trust di Londra che ha digitalizzato e messo online, gratuitamente, il suo straordinario archivio leonardesco
In questa immagine Wilbelm Fabry (Fabricius Hildanus) (1560—1634) esprime la sua profonda convinzione circa la necessità degli studi di anatomia per il medico: ai piedi del teschio un remo ed una chiave con la scritta «L'anatomia è il remo e la chiave della medicina».
Galileo ebbe una prima, genialissima intuizione dell‘anatomia comparata. Questo il disegno con il quale illustrò quali proporzioni avrebbe dovuto avere un femore (sopra) rispetto ad un femore normale (sotto), per reggere il carico di un animale tre volte più grande di quello retto dal femore normale.
Nel ricordare l’anatomia non si può non citare la celebre Lezione di anatomia del dottor Tulp, un dipinto a olio su tela realizzato da Rembrandt nel 1632, firmato e datato "REMBRANDT. F:1632" conservata oggi al Mauritshuis dell'Aia.
Sempre a cavallo tra arte e anatomia, il lavoro di Jean-Galbert Salvage (1770–1813), medico militare dell'era napoleonica, che ha basato i suoi disegni sulle dissezioni dei soldati uccisi. Qui la sua opera
Il patologo scozzese Robert Carswell (1793 – 1857) è conosciuto per le sue illustrazioni di anatomia morbosa: questo disegno del 1838 mostra l'atrofia delle circonvoluzioni cerebrali nella Paresi Generale (chiamata anche Paralisi Generale dei Pazzi), una condizione associata alla sifilide terziaria
Fonte https://archiveandlibrary.rcsed.ac.uk/

Storia della medicina, l’evoluzione del rapporto tra medico e paziente

Intervista a Franco Lupano, presidente CISO, per riflettere sull’evoluzione del rapporto tra storia, medicina, relazione tra medico e paziente

Franco Lupano, Medico di Medicina Generale, CSeRMEG – Centro Studi e Ricerche in Medicina Generale CISO – Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospedaliera, è stato medico di famiglia a Trofarello in provincia di Torino. Formatore in Medicina Generale, si occupa della formazione specifica e permanente dei medici di famiglia; è inoltre incaricato dell’insegnamento tutoriale agli studenti del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università di Torino. Oltre ad essere Presidente del CISO Piemonte, è autore di varie pubblicazioni e collabora a riviste specializzate con articoli di storia sanitaria, in particolare sulla sanità pubblica, i medici condotti, il conflitto di interesse, la relazione medico-paziente.

Perché studiare la storia della medicina e quali sono gli elementi che la rendono attuale?
In molte scienze applicate la storia della disciplina è considerata una parte importante della formazione perché aiuta a comprendere meglio le scoperte più recenti, anche quando modificano o rendono superate le ricerche precedenti. Penso alla matematica e alla fisica, ad esempio, il cui percorso nei secoli viene illustrato fin negli anni delle scuole superiori.
Non è così per la storia della medicina, che dagli stessi medici è stata spesso considerata come un hobby erudito, appannaggio perlopiù di colleghi in pensione, senza particolare rilevanza nella formazione universitaria. Penso che questo possa essere dovuto anche al fatto che la medicina ha vissuto una netta cesura nel suo cammino: un lungo periodo che inizia nell’epoca classica e si prolunga fino al termine dell’ancien regime, e quello ancora breve che giunge fino a noi in cui l’abbandono di ogni impostazione dogmatica e l’applicazione sempre più ampia del metodo sperimentale ha trasformato radicalmente la scienza medica rendendola in grado di influire positivamente sulla vita umana, sia in termini di durata che di qualità. La rivoluzione è stata tale che agli occhi di un medico moderno è del tutto irrilevante sapere quali erano le terapie, poniamo, della Scuola Salernitana, o le tecniche chirurgiche del XVIII secolo.

V0014458 Teaching Hospital School, Salerno, Italy: part of the Crypt
http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/

Ma se si allarga l’orizzonte di ricerca alle istituzioni sanitarie, al ruolo dello Stato nella sanità, alle relazioni spesso conflittuali tra medici e istituzioni, all’evoluzione delle malattie e a che cosa voleva dire ammalarsi nel passato, al ruolo sociale dei medici e all’evoluzione del rapporto tra medici e pazienti, si scoprono analogie sorprendenti con l’attualità, che possono aiutare mettere nella giusta luce molti problemi e forse anche ad affrontarli in modo più efficace.

Rispetto al rapporto tra medico e paziente, come ritiene sia cambiato? La relazione oggi è mediata dagli strumenti digitali, secondo Lei come hanno influito? E da ultimo, ritiene che il digitale abbia influito sull’accesso all’informazione sanitaria?
La relazione tra medico e paziente è sempre stata la base dell’azione terapeutica: lo era quando l’assenza di rimedi efficaci rendeva il medico un vero “farmaco”, richiesto dal paziente come sollievo psicologico pur nella consapevolezza della sua impotenza di fronte alla malattia, ed è per questo che per secoli si è ritenuto essenziale il passaggio quotidiano a domicilio del paziente, a volte anche due volte al giorno; man mano che l’efficacia delle risorse diagnostico-terapeutiche aumentava, si è assistito a un lento ma progressivo allentamento di questo legame, fino a considerarlo quasi ininfluente ai fini dell’efficacia dell’intervento medico.

La relazione tra medico e paziente è sempre stata la base dell’azione terapeutica

Proprio ora che, ormai da anni, si va rivalutando il suo valore e si sostiene la necessità di una vera formazione dei futuri medici alla capacità di relazione umana coi pazienti, è prepotentemente intervenuto il computer, che potrebbe spingere a un’ulteriore spersonalizzazione: il medico che guarda il computer e non il paziente è un rischio reale, che può essere prevenuto solo con la consapevolezza di un ruolo che nell’arco dei secoli non è mai cambiato sostanzialmente.

Già nel 1500 Leonardo Botallo sosteneva che solo se si instaura un rapporto di fiducia tra medico e paziente è possibile ottenere quella che oggi si definisce una vera alleanza terapeutica.

Su tale consapevolezza si basa l’area di interesse del CISO: può indicarci quali sono i temi che oggi vengono approfonditi?
Il Centro Italiano di Storia Sanitaria e Ospitaliera si occupa di ricerche nell’ambito delle istituzioni, delle professioni sanitarie, delle malattie e dei malati con tutte le relazioni che intercorrono tra queste diverse figure. Un filone di ricerca molto importante è, ad esempio, la storia della malattia mentale e dei manicomi, attraverso la vita di chi veniva internato ma anche di medici e infermieri; interessa poi in particolare il ruolo che i medici hanno avuto in ambito sociale, politico e culturale, come gli igienisti che nella seconda metà dell’Ottocento hanno lottato tenacemente per ottenere provvedimenti come le fognature, la fornitura di acqua potabile, il controllo su alimenti, abitazioni, fabbriche, che hanno portato a un primo netto miglioramento dell’aspettativa di vita.
A questo proposito aggiungo che il CISO non è costituito solo di medici, ma anche di storici, in particolare, e di altre figure professionali come architetti, veterinari, biologi, che permettono di avere una visione più ampia e meno settoriale della sanità nel suo complesso.

Torniamo quindi al valore di una visione di insieme e della conoscenza della storia. Quanto ritiene possano influire questi elementi nella formazione dei nuovi medici? 
Come dicevo all’inizio, penso che possa aiutare a comprendere meglio quale sia il ruolo del medico nella società. Per alcuni può anche essere una riscoperta delle proprie radici: penso ai medici di famiglia, le cui origini risalgono al Medioevo, ma che hanno subito e progressiva svalutazione e conseguente perdita di identità professionale contro cui devono lottare ancora oggi.

Inoltre la storia sanitaria aiuta a dimostrare l’importanza dell’intervento pubblico nella sanità

Anche se l’avvento del COVID ha messo sotto gli occhi di tutti quanto sia importante e insostituibile il nostro Servizio Sanitario Nazionale, non ho l’impressione che ci sia stata una chiara inversione di tendenza rispetto al precedente processo di ridimensionamento. È vero che dopo anni di tagli si è passati a un aumento del finanziamento, ma le spinte privatistiche continuano a essere forti, e la necessità di difenderlo rimane sempre attuale. Anche la conoscenza storica può contribuire.

Approfondimenti sul CISO 
http://www.cisopiemonte.it 

Info sulla mostra 'Dai medici condotti al servizio sanitario nazionale'  
https://www.ordinemedici.al.it/index.php/aziende-sanitarie/2097-11-2021-ao-al-mostra-dai-medici-condotti-al-servizio-sanitario-nazionale
Intervento video di Franco Lupano 
https://youtu.be/XKQ5cgEtx7c?list=PL8yUCdPKhTaxA5QxIprpb-PPYfr8uoJ5J&t=7167

Paziente, debolezza e fragilità

Fin dalle epoche più antiche, l‘immagine del malato identifica il povero, l’emarginato, il bisognoso: la malattia diventa attributo di uno specifico stato sociale, tanto che la sanità coincide con l‘assistenza ai poveri e ai mendicanti.

A sick man lies in bed while a physician takes his pulse and others consult scaled

La povertà stessa è detta morbum genitrix a sottolineare la strettissima connessione, appunto tra povertà e malattia, poiché l‘indigente era colui che non poteva permettersi cure adeguate e, oltre a ciò, spesso aveva un‘alimentazione scarsa o inadeguata, andando ulteriormente a indebolire organismo e difese immunitarie.

La forma più grave è, naturalmente, quella del malato allettato: giacere nel letto, quando non è per riposo o per piacere, è sinonimo di malattia; non a caso, le dimensioni degli ospedali si misurano in numero di posti letto; la stessa clinica, intesa come modalità di approccio diagnostico al malato, prende il nome dal greco kline (letto).

Numerosi e di tutti i secoli gli esempi che sottolineano questo approccio, a partire dalle immagini dei codici medievali in cui era diffusa la credenza che la malattia fosse una ‘punizione divina’, come abbiamo raccontato qui a proposito della lebbra

Ma il paziente è anche un ‘miracolato’ come emerge nella rappresentazione di un capolavoro del Beato Angelico (1440) che racconta la storia dei due santi medici Cosma e Damiano: i due santi sostituiscono la gamba malata del diacono Giustiniano con quella di un etiope morto. Tutto s i svolge all’interno di una camera da letto, i due sembrano veri medici sul tavolo operatorio. L’immediatezza realistica del miracolo. L’immagine è visibile in modo molto dettagliato nella mostra virtuale organizzata dagli Uffizi, che abbiamo descritto qui

Il dipinto del francese Frédéric Bazille (L‘improvvisato ospedale da campo, 1865) ritrae l‘artista Claude Monet allettato, convalescente in seguito a un incidente alla gamba; il titolo dell‘opera suggerisce come sia stata prontamente allestita una stanza atta a ospitare l‘infermo, quasi fosse all‘interno di un ospedale. Facendo tesoro dei suoi studi di medicina, Bazille ha realizzato un‘attrezzatura complessa in grado di assicurare un certo sollievo all‘amico: un recipiente, che funge da contrappeso, è sospeso all‘estremità di due corde, mentre alcune coperte poste una sopra l‘altra servono a tenere sollevata la gamba ferita; nel disordine del letto si distingue chiaramente la ferita rosseggiante sulla tibia di Monet, mentre il viso dell‘artista esprime la prostrazione per
l‘immobilità forzata.

La pittura ottocentesca è molto ricca di opere che raffigurano malati a letto, in particolare bambini, proprio come Il giorno di visita a l’ospedale (1889) che consacrò Jean Geoffroy, che si firmava “Geo“, pittore di malattia, miseria e morte; ma l’opera è anche un inno al progresso medico.

Un esempio di rappresentazione di dolore al femminile è fornito dall’opera di Munch, ne La fanciulla malata, opera autobiografica che prende spunto dalla tragica morte della sorella quindicenne Sophie, stroncata nel 1877 da una feroce tubercolosi. Simbolo della fragilità femminile anche La “Convalescente” di Jenny Nyström come abbiamo descritto qui