La curiosa rivoluzione cellulare di Virchow

La patologia umana era per Virchow la patologia delle cellule del corpo umano

La teoria che gli organismi viventi (vegetali) sono fatti di cellule fu proposta nel 1838 dal botanico Matthias Jacob Schleiden (1804-1881). L’anno successivo Theodor Schwann (1810-1882) pubblicava le “Mikroskopische Untersuchungen”, basate su un’ampia rassegna di tutte le osservazioni effettuate sino a quel momento, in cui accoglieva la teoria di Schleiden e riconosceva quali strutture essenziali delle cellule il nucleo, il contenuto fluido e la parete (che comunque non si riusciva sempre a vedere nei tessuti animali).

L’evoluzione storica delle concezioni che riguardano la patologia cellulare a partire dalla teoria cellulare di Theodor Schwann (1839), in virtù della quale gli organismi viventi dovevano essere considerati come la somma delle attività fisiologiche delle loro singole cellule, ha visto il susseguirsi della teoria cellulare di Rudolf Virchow (1858). La patologia umana era per Virchow la patologia delle cellule del corpo umano, di volta in volta distribuita ed estesa in molti modi diversi.

Rudolf Virchow (1821-1902) in Die Cellularpathologie (La patologia cellulare, 1858) formulò il noto assioma omnis cellula e cellula e lanciava il programma della patologia cellulare con l’obiettivo di rifondare la medicina sulla fisiopatologia cellulare e sul metodo sperimentale: nel nuovo clima intellettuale era finalmente possibile dedicarsi allo studio del ‘lignaggio’ (genealogia) delle cellule embrionali.

Virchow fu nel 1856 il primo a descrivere compiutamente l’embolia polmonare nella sua espressione anatomopatologica e a riprodurla sperimentalmente.

Virchow aveva sviluppato già a partire dalle prime versioni della teoria cellulare l’applicazione della nuova concezione dell’organizzazione dell’organismo vivente alla patologia.

La sua pubblicazione “La patologia cellulare basata sull’istologia patologica e fisiologica” era destinata a cambiare il corso del pensiero medico e biologico.

Virchow nacque a Schivelbein nel 1821 e morì a Berlino nel 1902.
Laureatosi a Berlino nel 1843, nel 1848 ricevette l’incarico dal governo di condurre un’inchiesta relativa ad un’epidemia di tifo che aveva colpito la Slesia superiore. Compiuta l’inchiesta, ebbe il coraggio di denunciare apertamente le mancanze del governo, rivelando quello spirito liberale che si manifestò apertamente durante i moti rivoluzionari del 1848, e che lo portò alla destituzione da ogni ufficio. Ma subito dopo ebbe la cattedra ordinaria all’Università di Wurzburg, che tenne per sette anni. Nel 1856 venne chiamato alla cattedra di anatomia patologica dell’Università di Berlino, ove rimase sino alla morte. Grandissimi furono i suoi contributi in ogni settore dell’anatomia patologica, ma la sua gloria e soprattutto legata alla fondazione della patologia cellulare. Fu anche insigne antropologo e paleontologo ed i suoi studi sul cranio di Neanderthal, sul Pitecantropo, sui caratteri antropologici dei tedeschi (soprattutto i Frisoni), oltre al monumentale trattato “Crania ethnica Americana” (Cranii dei popoli indigeni americani, Berlino 1892) segnarono una tappa fondamentale della storia della scienza. Di fronte all’evoluzionismo, assunse una posizione critica: lo giudicò un’esigenza logica della scienza, che, tuttavia, necessitava di prove sicure ed inconfutabili.

Epidemie, pestilenze e vaccini

Il Covid è solo l’ultima della serie di epidemie e pestilenze che hanno caratterizzato la storia dell’uomo, spesso in coincidenza con periodi di cambiamento climatico. I primi uomini si sono portati appresso diversi “patogeni di famiglia”, cioè parassiti condivisi con gli antenati ominidi: pulci, vermi, protozoi, salmonella, stafilococchi e streptococchi. Le punture di insetti, i morsi di animali, la lavorazione e il consumo di cibo contaminato sono stati l’origine di zoonosi come la tubercolosi aviaria, la leptospirosi, la schistosomiasi, il tetano, la tripanosmiasi, la trichinosi.

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Nasce la rete degli Ospedali Storici

Leonardo Da Vinci utilizzava già i loro laboratori per le sue prime dissezioni. Manzoni, nei Promessi Sposi, raccontava del Lazzaretto e delle sue pene. Poi ci sono i sontuosi giardini dell’impero romano, le opere straordinarie di Della Robbia e Giambologna. E sono solo alcuni dei tesori e delle storie che gli ospedali storici italiani custodiscono sfidando i secoli e portando avanti senza sosta la loro attività sanitaria, di cura e di ricerca. Due anime che convivono in loro e che ne rappresentano l’unicità e al contempo la grande sfida.

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Conseguenze della “patologia cellulare”

a seguito delle scoperte di Virchow, nuove indagini sui tumori

L’avvento della patologia cellulare, e pertanto l’indagine istopatologica, portò un chiarimento definitivo nell’ampio gruppo dei tumori, conosciuti sin dall’antichità. Per merito soprattutto di Virchow si classificarono come tumori soltanto quei processi che istologicamente appaiono costituiti da un tessuto neoformato, generatosi a seguito di moltiplicazione cellulare, escludendo così tutti quei fatti infiammatori cronici, gli ematomi, gli igromi e le altre tumefazioni fino allora incluse fra i tumori.
Si indagò anche sulla loro eziopatogenesi, alla ricerca di cause
chimiche, fisiche o biologiche determinanti la loro insorgenza. Da parte di Cohnheim e Durante venne prospettato nel 1877 la teoria eziopatogenetica dei «germi embrionali aberranti».

L’istochimica, che indagava la costituzione chimica della cellula
e dei tessuti unitamente alla istofisica ed a indagini più perfezionate attuate con il microscopio elettronico, hanno consentito una conoscenza più approfondita, favorendo l’istituzione della cito-patologia, fondata sulle alterazioni morfologicamente e biochimicamente dimostrabili delle parti costitutive della cellula stessa.

Nella patologia, dopo un periodo di sopravvalutazione delle cause esterne di malattia, sul finire del 1850 si fece strada una concezione biologica che, nell’insorgenza delle malattie, teneva conto anche dei fattori patogeni, intrinseci all’organismo, legati all’ereditarietà. Secondo tale concezione, oltre alle malattie congenite dovute ad alterazioni cromosomiche, veniva trasmessa ereditariamente anche una predisposizione ad ammalarsi di alcune malattie in rapporto al tipo di costituzione dell’individuo.

Achille De Giovanni (1838-1916), fondatore della Scuola neocostituzionalistica italiana, ideò una dottrina monumentale di morfologia clinica. Fra gli esponenti di questa Scuola si misero particolarmente in evidenza Pietro Castellino (1864-1933) e Giacinto Viola (1870-1944) che, nel 1904, a proposito della costituzione individuale, così si espresse: «Non bisogna dimenticare che, oltre ad una individualità morfologica interna ed esterna macroscopica, vi è una individualità microscopica cellulare ed una individualità che possiamo dire, in senso largo, biochimica». In questo concetto è riassunta l’impostazione costituzionalistica della medicina moderna.