Ortodonzia nel Settecento

Nel Settecento, per quanto riguarda l’otorinolaringoiatria, le uniche novità degne di rilievo furono il catererismo delle tube di Eustachio, praticato per la prima volta nel 1724 da Edmondo Gilles Guyot e perfezionato da Archibald Cleland nel 1741; la trapanazione della mastoide, compiuta da Gianluigi Petit nel 1744; gli studi sul sordomutismo fatti dall’anatomico Carlo Mondini.
Vennero invece compiuti discreti progressi nell’anatomia e nella fisiologia dento-facciale. Fauchard e Bourdet precisarono la morfologia e l’occlusione dei denti; A. Ferrein (1693-1769) descrisse il movimento retrusivo della mandibola; T. Bordeu (1722-1776) studiò il meccanismo della secrezione salivare.

Uno dei trattati più importanti di odontoiatria uscito in questo secolo fu la «Storia naturale dei denti» (1777) di J. Hunter, in cui é descritto e splendidamente illustrato tutto quanto riguarda i denti, le mascelle e i loro movimenti. Hunter pubblicò inoltre un «Trattato pratico delle malattie dei denti» (1778), in cui sono riportate importanti osservazioni sulle anomalie dentarie e mascellari. Nel 1791 Camper descrisse il proprlo angolo facciale e Daubenton (1716-1800) l’angolo occipito-nasale, ponendo le basi della cefalometria, destinata ad avere un’influenza determinante nell’ortodonzia.

Nel 1731, con la fondazione dell’Accademia Reale di chirurgia, che soprintendeva anche alla chirurgia dentaria, in Francia si ebbe una definitiva regolamentazione di questa attività specialistica.

Tenace sostenitore di tale regolamentazione fu Piero Fauchard (1678-1761), che nella sua celebre opera «Il chirurgo dentista o il trattato dei denti» (1728) deplora la triste situazione in cui si trovava l’odontoiatria, che era allora quasi completamente in balia di ciarlatani, che vendevano i rimedi più strani, e di «cavadenti da fiera». Per questa sua opera altamente meritoria, che contribuì validamente a trasformare la cura dei denti in una vera e propria professione, Fauchard viene unanimemente riconosciuto come il fondatore della moderna odontoiatria. Nel suo trattato espose e sintetizzò l’insieme delle conoscenze sui denti come uno specialista moderno. Ortodonzia, protesi (fissa e mobile), dietetica, igiene, otturazioni, paradontologia (malattia di Fauchard), stomatologia, vi sono infatti identificate, anche se non portano i nomi sotto i quali le conosciamo oggi.

Fauchard, medico e dentista francese, nato in Bretagna nel 1680 e morto a Parigi nel 1761, è generalmente considerato il fondatore dell'odontoiatria moderna. Ha iniziato a studiare chirurgia accanto a un ufficiale della Marina, poi si dedica all’odontoiatria. Espande la sua formazione viaggiando ad Angers, Nantes e Tours e, infine, decide di stabilirsi a Parigi nel 1719. Scrive la sua opera «Il chirurgo dentista o il trattato dei denti» che apre una nuova fase per la difesa dell'odontoiatria

Bibliografia 
https://www.nature.com/articles/4814350

J Mass Dent Soc. 2009 Summer;58(2):28-9
Pierre Fauchard: the father of modern dentistry
Maloney WJ(1), Maloney MP.

Br Dent J. 2006 Dec 23;201(12):779-81
Pierre Fauchard: the 'father of modern dentistry'
Lynch CD(1), O'Sullivan VR, McGillycuddy CT

Urologia nel Settecento

Anche nel 1700 l’urologia, per quanto praticata da chirurghi preparati, segnò il passo perché frenata dalle infezioni.

L’operazione più praticata era sempre quella per calcolosi vescicale, che veniva generalmente eseguita col «taglio perineale lateralizzato» ideato da fratello Jacques.
Jean Baseilhac, detto fratello Cosma (1703-1781), perfezionò ulteriormente questo procedimento, introducendo un litotomo a lama nascosta condotto in vescica lungo la scanalatura del catetere uretrale. Anche il «taglio ipogastrieo» venne largamente impiegato da fratello Cosma, che vi apportò dei miglioramenti, e da Francesco Morand.

Gli interventi sulla vescica continuavano, però, ad essere molto pericolosi. In una statistica di Morand, apparsa verso la meta del 1700, sono riportati dei dati impressionanti. Su 812 malati operati per calcolosi vescicale all’Hotel Dieu e alla Charité di Parigi, il 31% non sopravvisse all’operazione. Tra i sopravvissuti molti ebbero fistole urinarie.
Per questo le cure mediche a base di preparati che miravano a far sciogliere i calcoli ebbero un successo notevole, poiché coloro che erano affetti dal «mal della pietra» speravano di poter sfuggire all’operazione, atrocemente dolorosa e spesso mortale.

La mediocrità delle tecniche chirurgiche disponibili per gli interventi sulla vescica non consentirono di intervenire con possibilità di successo neanche nei tumori vescicali, descritti e raffigurati esaurientemente, intorno al 1720 da Federico Ruysch (1638-1731), in una sua pubblicazione sulle malattie dell’apparato urinarie. Le Chat (1700-1768) effettuò la prima estirpazione di un polipo della vescica. Anche la patologia e la chirurgia renale rimasero poco conosciute e gli interventi sul rene erano molto rari. Lafitte nel 1734 effettuò con successo una nefrolitotomia in due tempi. Ma la maggior parte dei chirurghi di quest’epoca, come si può anche rilevare da una pubblicazione di Prudent Hevin (1715-1789), non ammetteva la lombotomia, se non per una raccolta purulenta.

Oculistica nel Settecento

Nel 1700 anche l’oculistica fece notevoli progressi sia dal punto di vista anatomo-fisiologico che della tecnica chirurgica. Venne inoltre istituito un insegnamento speciale dell’oculistica nelle scuole di chirurgia di Parigi (1765) di Vienna (1772) e di Montpellier (1788) e la letteratura oculistica si arricchì di nuove opere.
L’anatomia dell’occhio venne puntualizzata da Ruysch e da Haller, mentre Fontana diede il primo studio soddisfacente della retina (1728). Zinn e Tenon descrissero l’apparato sospensore del cristallino e alcuni muscoli dell’orbita. In fisiologia Dalton definì nel 1797 la teoria sensoriale della vista dei colori.
In oftalmologia medica emersero alcuni nomi come quello del maestro Jan (1650-1730), che pubblicò nel 1709 un trattato sulla cataratta e sul glaucoma, in cui si trova anche la prima descrizione del distacco di retina.

Saint Yves nel 1722 pubblicò il «Nuovo trattato delle malattie degli occhi», in cui le malattie oculari sono descritte molto bene e si parla anche del glaucoma cronico seguito da abbassamento della vista e da restringimento del campo visivo. Ma Saint Yves non lo collegò all’ipertensione oculare, che venne, invece, indicata dai due oculisti inglesi Taylor (1708-1772) e Woolhouse (165-1730), i quali proposero di curarla con suture.

In Italia Domenico Anel (1679-1730) mise a punto una tecnica di cateterismo delle vie lacrimali per mezzo di sonde il cui uso si è protratto fino all’epoca contemporanea. Lo studio della patologia delle vie lacrimali venne attuato anche Gian Luigi Petit.
Ma i progressi più importanti vennero realizzati nella chirurgia oculare, in cui eccelsero due oculisti francesi: Daviel e Pellier de Quensy.
Jacques Daviel (1696-1762) fu l’inventore della tecnica dell’estrazione del cristallino nell’operazione della cataratta che soppiantò rapidamente l’antico procedimento dell’abbassamento e si impose, pur con alcune modifiche, come l’incisione corneale superiore.

La chirurgia della cataratta affonda le origini nella notte dei tempi attraverso la tecnica della Reclinatio lentis, metodica per la quale con un ago, inserito all interno del bulbo, veniva staccato e reclinato il cristallino opaco verso il basso, nella cavità vitrea. Era un intervento il cui recupero visivo, molto limitato per la mancanza di lenti correttive, era frequentemente seguito da complicanze pressoché certe che ne compromettevano in modo definitiva la visione. 
Bisognerà attendere Jacques Daviel nel 1748 per avere un evoluzione della chirurgia con la tecnica extracapsulare che fino agli anni 60 si contese con la tecnica Intracapsulare, ideata nel 1753 da Samuel Sharp, la preferenza dei chirurghi.

Pellier de Quency, oculista a Montpellier e contemporaneo di Daviel, fu pure lui molto abile nelle operazioni e contribuì alla diffusione dell’estrazione del cristallino col procedimento di Daviel. Fu autore di trattati di oculistica e di chirurgia oculare in cui, fra l’altro, descrisse per la prima volta i tentativi di trapianti di cornea, da lui sperimentati su animali e consistenti nell’asportare il centro della cornea e di
sostituirlo con una cornea di vetro. Naturalmente i suoi tentativi fallirono.

In Italia emerse in questa disciplina Antonio Scarpa, che creò a Pavia una scuola capace di reggere il confronto con quella francese di Daviel. Scrisse un’opera intitolata «Saggio di osservazioni e di esperienze sulle principali malattie degli occhi», che fu per lungo tempo un testo classico di oculistica. Lasciò il suo nome legato allo «stafiloma corneale», che identificò per primo. Fece inoltre importanti studi sulla fistola lacrimale, sulla cataratta e sulle malattie dell’iride. Descrisse anche un intervento per l’applicazione della pupilla artificiale.
Tra gli oculisti italiani sono da ricordare anche Giovanni Battista Bianchi, che nel 1715 eseguì per primo il cateterismo del canale lacrimale e Natale Paolucci (1719-1797), che eseguì per primo il taglio a lembo della cornea per l’estrazione del cristallino.

L’Ostetricia nel 1700: la situazione in Inghilterra

Nel 1700 vi furono in Inghilterra ostetrici di grande valore, fra i quali ricordiamo William Smellie, William Hunter, Thomas Denman e Charles White.

William Smellie

William Smellie (1697-1763) è ritenuto il fondatore dell’ostetricia britannica.
Egli fu il primo a misurare mediante l’esplorazione vaginale il diametro promontorio-pubico (diametro utile). Si servì ugualmente dell’esplorazione per orientare, grazie al reperimento delle suture e delle fontanelle, la situazione della testa fetale, e per valutare i progressi del travaglio. Smellie fu un accanito sostenitore del forcipe e ne ideò diversi tipi. Quello che, però, ebbe maggior successo è quello che porta il suo nome (forcipe di Smellie»), che somiglia molto al forcipe di Levret, ma ha i cucchiai nettamente più lunghi. Per evitare alla donna la freddezza e la durezza del metallo, egli soleva avvolgere i cucchiai del forcipe con fasce di cuoio che, però, ogni tanto, finivano per provocare infezioni.

William Hunter

William Hunter (1718-1783), fratello del famoso John, fu per qualche tempo collaboratore di Smellie, poi divenne suo avversario in campo ostetrico. Il suo grande difetto come ostetrico fu quello di essere stato un conservatore ad oltranza. Sostenne che il forcipe faceva più male che bene; respinse la sinfisiotomia di Sigault e in ciò venne seguito da tutti gli ostetrici inglesi, come pure si oppose al taglio cesareo ed al parto prematuro provocato nelle «emorragie da parto». Fu invece in campo ostetrico un ottimo anatomico. Dimostrò l’interdipendenza della circolazione materna e di quella del feto, studiò lo sviluppo strutturale dell’embrione e del feto e fu autore di un’opera splendidamente illustrata, intitolata «Anatomia uteri umani gravidi», che ebbe un notevole successo.

Thomas Denman

Thomas Denman (1733-1815) fu noto soprattutto per avere adottato il parto prematuro provocato nei casi in cui si prevedevano difficolta nel parto a termine per ristrettezza del bacino. In questo modo, salvando la madre, dava anche al bambino qualche possibilità di sopravvivere. Il procedimento usato da Denman per provocare il parto prematuro in questi casi consisteva nella rottura delle membrane. Egli e anche conosciuto per il suo trattamento conservativo dell’eclampsia, consistente nel praticare salassi abbondanti in vicinanza della testa (per esempio nelle giugulari). A lui si deve anche il merito di aver intuito nel 1768 che la febbre puerperale aveva un carattere contagioso.

Charles White (1728—1813) fu un pioniere dell’asepsi; egli infatti esigeva la pulizia accurata delle sale parto e delle camere di degenza, nonché l’isolamento delle donne infette. Descrisse compiutamente la flebite puerperale e per la sua prevenzione consigliava mobilizzazione precoce della puerpera.