Leopold Auenbrugger e la percussione

Nel 1761, lo stesso anno in cui fu pubblicato il De sedibus di Morgagni, il medico viennese Leopold Auenbrugger (1722-1809) pubblicò una piccola memoria, intitolata Inventum novum ex percussione thoracis humani ut signo abstrusos interni pectoris morbos detegendi, con cui introdusse la percussione del torace per riconoscere alterazioni degli organi in esso contenuti, come versamenti pleurici e addensamenti polmonari.
In quel periodo si faceva strada il concetto di sede anatomica per la malattia di un organo e tappa ulteriore era quella di riconoscere anche nel vivente le lesioni d’organo che s’imparavano a distinguere al tavolo anatomico. A questo fine non bastava più la vecchia semeiotica fisica, che sfruttava soprattutto la palpazione, oltre all’ispezione.
Leopold Auenbrugger (1722-1809) medico-capo medico dell’Ospedale della Santa Trinità, fondato nel 1741 a Vienna, mise a buon frutto l’educazione e le opportunità fornitegli dall’ospedale.
Egli trasformò la tradizionale osservazione al capezzale da illustrazione di casi canonici a dinamica ricerca sperimentale volta a mostrare lesioni patologiche nel vivente.
Nella sua pubblicazione descrisse per primo la percussione, pietra fondamentale della diagnostica su base anatomica e usata in clinica per delimitare l’area cardiaca, anche se pare che tale metodo fosse già usato da Ippocrate e dai grandi maestri della scuola alessandrina.
Una scoperta che non riscosse l’approvazione dei suoi contemporanei: pochi infatti furono i medici che compresero il progresso rappresentato dall’Inventum novum ex percussione thoracis humani (1761) di Auenbrugger, che consentiva l’osservazione di organi interni inaccessibili alla palpazione.
Fu solo Jean-Nicolas Corvisart (1755-1821) il medico di Napoleone, che nel 1808 pubblicò la traduzione annotata dell’Inventum novum di Auenbrugger, che fece conoscere universalmente la percussione del torace come metodo d’indagine clinica.

gli allievi di Boerhaave: Gottfried van Swieten e Anton de Haen

La medicina omeopatica nel 700, ripudiata sin dal suo primo apparire dalla maggioranza dei medici, si rivelò sotto il profilo storico come un elemento positivo. Infatti rappresentò un freno all’ignorante abuso di terapie indiscriminate come salassi e i purganti, portando ad una ripresa dell’antico principio della medicina basato sul “primum non nuocere”.
Nonostante la comparsa di queste nuove dottrine mediche continuava però a dominare quella ippocratica, che aveva numerosi seguaci, fra cui si citano Boerhaave, Gottfried van Swieten e de Haen.

Hermann Boerhaave nasce nel villaggio di Woorhout, presso Leyda nel 1668 da Jacob e Agar Dealder. Destinato dal padre alla carriera ecclesiastica, Boerhaave diviene, invece, un grande medico la cui fama valica i confini del suo Paese che da lui trae lustro ed onori. Muore il 23 settembre 1738. Filosofo, matematico, chimico, botanico, medico e docente illustre, Boerhaave è anche scrittore fecondo.

Gottfried van Swieten (1733-1803) fu chiamato dell’ imperatrice Maria Teresa e per i suoi meriti divenne direttore della clinica medica, preside della facoltà e prefetto della biblioteca di corte. Venne incaricato di attuare la riforma degli studi medici universitari.

Verso la metà del 1700 il centro della medicina si sposta da Leida a Vienna. Con l’ascesa al trono di Maria Teresa e il 1740 che favorì l’antica scuola superiore di medicina e chirurgia a questa rapida rinomanza. Le università vennero trasformate in Istituti di Stato, si crearono Istituti per la ricerca scientifica, si rinnovarono i quadri del personale insegnante. Impegnato come riformatore degli studi medici van Swieten, ebbe scarso tempo da dedicare alla ricerca. Fu tuttavia autore di un pregevole commentario agli aforismi di Boerhaave che si ispirava alle concessioni cliniche del maestro. Legò il suo nome ad una soluzione idroalcolica di mercurio che fu a lungo usata nella terapia della sifilide.

Anton de Haen (1704-1776), nacque all’Aja nel 1704, studiò medicina alla scuola del Boerhave e del Van Swieten segnalandosi per impegno e capacità. Nel 1754 il Van Swieten lo chiama a Vienna ad insegnare medicina pratica. Molti studenti seguono le sue lezioni e molti malati ricorrono alle sue cure: la sua fama di medico cresce insieme alla sua fama di uomo scontroso, insofferente alle critiche e poco incline alle frequentazioni “che contano”. Così quando la sua carriera universitaria termina, De Haen viene dimenticato nonostante gli ottimi servigi resi alla medicina testimoniati anche da numerosissimi scritti dei quali ricordiamo: Ratio medendi in nosocomio practico… Vienna 1758-1773; De magia liber… Vienna, 1774; De miraculis liber…. Francoforte, 1776; Opuscula omnia medico-physica in unum nunc primum collecta. Napoli, 1780.

Rasori e la teoria del controstimolo

La teoria di Brown venne ulteriormente sviluppata da Giovanni Rasori (1766- 1837) che vi apportò anche alcune modifiche. Nato a Parma, si laureò in medicina nella sua città natale e nel 1796 venne chiamato a famiglia per succedere a Giuseppe Franca nella cattedra. Ebbe una vita agitatissima, sia come professore sia come politico. Come professore, a causa delle teorie mediche da lui professate in contrasto con quelle classiche galeniche che ancora erano dominanti, venne allontanato dalla cattedra. Come politico, essendo vicino alle idee di Napoleone e l’acerrimo nemico del governo austriaco, ebbe grandi onori dal primo (fu nominato segretario generale degli affari interni della Repubblica cisalpina, Protomedico dello Stato, rettore dell’università di Pavia) e grossi dispiacere per seconda, che lo videro come cospiratore e culminarono nella condanna a quattro anni di carcere.


La teoria medica ideata da Rasori deriva fondamentalmente da quella di Brown da cui prese il concetto di risposta per eccesso per difetto della sostanza vivente alla stimolazione. Mentre per Brown la ragione della stenia e dell’astenia era posta nella esaltata o indebolita capacità della sostanza vivente di rispondere allo stimolo, per Rasori invece tale capacità di risposta rimaneva invariata. Anzi, Rasori rovesciò l’impostazione browniana, perché stabilì che le malattie non fossero dettate da un difetto di stimolo, bensì da un eccesso e propose pertanto come strumento terapeutico il controstimolo mediante l’impiego di flebotomie e di tartaro stibiato. La sua proposta si inseriva nel dibattito culturale allora in corso a Milano sulla necessità di fondare una cultura nazionale attorno alla quale stabilizzare il nuovo ordine.
Rasori stabilì così uno speciale sistema che fu definito di “stimolo e controstimolo”, secondo il quale le malattie vengono distinte in steniche se prodotte dagli stimoli e in asteniche se prodotte dal controstimolo. Nella terapia oltre a ricorrere all’uso di farmaci stimolanti e rilassanti, egli fece largo uso del salasso anche in maniera molto copiosa.
Dal 1802, in parallelo alla nascita della Repubblica Italiana, Rasori avviò la pubblicazione degli Annali di medicina, che si prefiggevano il compito di mettere in luce il contributo della scienza nazionale allo sviluppo della medicina, mentre a far data dal 1803 avviò la traduzione dell’opera di Erasmo Darwin che, pubblicata con il titolo di Zoonomia, gli consentì di porre su più ampie basi la sua teoria del controstimolo.

Mesmer e il magnetismo

È nel Settecento che ha le proprie radici l’ipnosi, originata dal “mesmerismo” dal nome del suo inventore Franz Anton Mesmer, autore di teorie che furono sempre smentite dalla comunità scientifica, perché ritenute prive di ogni fondamento e del tutto inefficaci sul piano terapeutico. Va detto però che alcuni scienziati tra cui il chimico Jean Baptiste van Helmont ed il medico tedesco Christoph Wilhelm Hufeland ne ebbero infine un’opinione favorevole.
Franz Anton Mesmer (1734-1815) riteneva che il fenomeno del mesmerismo, fosse correlato a una sostanza invisibile – un fluido che scorre all’interno del soggetto o tra il soggetto e il terapeuta, cioè l’ipnotizzatore o il “magnetizzatore”.
Mesmer si laureò in filosofia e teologia a Ingolstadt, poi in medicina a Vienna (1766). Sulla traccia di Paracelso e della tradizione astrologica, cercò i rapporti tra gli astri e gli organismi viventi (Dissertatio physico-medica de planetarum influxu, 1766) e credette di individuare la presenza di uno spirito o fluido “vitale” che si sprigiona da ogni essere e può determinare influenze profonde tra di essi: di qui gli studi sul “magnetismo” di minerali e viventi (mesmerismo)
In particolare, essendo riuscito a provocare sonno profondo con l’uso di ferri magnetizzati, teorizzò la presenza di uno spirito vitale (magnetismo animale) che emanerebbe soprattutto dagli occhi e dalle dita e che sarebbe alla base dell’ipnosi.
Egli ritenne che attraverso l’influsso magnetico si potessero anche curare le malattie alla cui origine sarebbero disturbi di origine “magnetica”. Osteggiato dalle autorità sia mediche sia civili ed ecclesiastiche, fu costretto a rifugiarsi a Parigi (1778), dove per qualche anno ebbe larga fama e numerosi seguaci (pubblicò nel 1779: Mémoire sur la découverte du magnétisme animal), ma anche in Francia le applicazioni mediche del magnetismo di M. furono proscritte. Nel 1792 si trasferì in Svizzera, per poi tornare definitivamente (1793) in Austria.

Sebbene Mesmer si occupasse certamente di individui affetti da una varietà di disturbi nevrotici, e sebbene i successi clinici raggiunti fossero il risultato di processi psicologici che le sue procedure inducevano nei suoi pazienti, le formulazioni teoriche di Mesmer, la sua comprensione della natura del trattamento da lui sviluppato e le sue procedure specifiche erano completamente diverse da quelle dell’analista del 20 ° secolo, Mesmer è considerato tra i fondatori della psicoterapia moderna.