William Cullen e la “teoria dello spasmo”

Nell’ambito della cosiddetta medicina romantica si svilupparono e si affermarono alcune correnti quali il brownismo, il mesmerismo e l’omeopatia.
Alla concezione di Hoffmann secondo cui il “tono” della sostanza vivente, che costituisce il corpo, dipende dal fluido vitale, si aggiunse quella della “eccitabilità” della sostanza vivente, sostenuta da William Cullen (1712 – 1790), secondo cui lo spasmo e l’atonia sono determinati da “stimoli”.

Per Hoffmann la vita era il movimento del cuore e del sangue e la morte era la cessazione di queste due attività.

William Cullen è noto invece per la sua la “teoria dello spasmo” e come autore del termine nevrosi, da lui coniato nel 1776 in riferimento a ipotetiche affezioni dei nervi, ripreso poi da Sigmund Freud.

Cullen è noto anche come autore del termine nevrosi, da lui coniato nel 1776 in riferimento a ipotetiche affezioni dei nervi

Ma Cullen viene ricordato anche per la descrizione e la classificazione delle malattie, un metodo avviato dall’approccio neoippocratico ed empirista del medico inglese Thomas Sydenham (1624-1689), che raggiunse il suo culmine proprio con l’autorevole sistema nosologico di Cullen.

Egli fu chiamato alla Facoltà di medicina di Edimburgo nel 1755, dopo aver fondato l’università di Glasgow. A Edimburgo tenne le sue lezioni cliniche sul tema dell’affidabilità dell’anamnesi, insegnando medicina teorica e secondo la sua opinione un medico doveva sempre analizzare gli scopi e le motivazioni che soggiacevano alla descrizione dei sintomi da parte del paziente. Doveva distinguerne essenzialmente tre tipi:

  • il paziente ignorante e spaventato che raccoglie qualsiasi suggerimento di sintomi o dolori o che costruisce le risposte nel modo che ritiene più gradito al dottore;
  • il furfante che finge e mente sui suoi dolori per stare nell’infermeria durante il mal tempo o per evitare di tornare a lavoro (Cullen pensava che la maggior parte di coloro che si fingevano malati fossero domestici che venivano accolti all’infermeria a spese del loro padrone);
  • il malato onesto che risponde al meglio con i termini e l’informazione medica di cui dispone.

Tra le sue molte opere di medicina e filosofia quella più importante portò il titolo di “Principi di pratica medica” (1776) ed ebbe traduzioni in diverse lingue.

La teoria che vi era esposta sosteneva che era il tono normale delle componenti solide del corpo umano a dare la sensazione di benessere e il tono era regolato dal flusso di energia proveniente dall’encefalo.

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