È nel Settecento che la fisiologia incomincia a staccarsi dall’anatomia per diventare una disciplina autonoma e vengono comunemente distinti due filoni: uno ad indirizzo sperimentale, ed uno basato sulla nuova ondata di romanticismo, che riportava l’attenzione in un campo di pura dialettica e che venne chiamato vitalismo.
La fisiologia sperimentale ebbe fra i suoi maggiori fautori Spallanzani, Bichat e Haller. E è proprio a quest’ultimo che si deve l’introduzione del termine “fisiologia” al posto delle vecchie denominazione de usu partium fino allora adottata.
Contemporaneamente alla fisiologia sorgeva anche la chimica biologica, che si emancipava, grazie al fondamentale contributo di Lavoisier, dalla seicentesca iatrochimica.
Antoine-Laurent de Lavoisier (1743- 1794) figlio di un noto avvocato parigino, fu indirizzato dal padre verso gli studi giuridici. Non trascurò tuttavia le scienze e seguì corsi di matematica e di fisica, di botanica e di chimica (con Guillaume-François Rouelle). Un suo lavoro sul migliore metodo per illuminare le strade venne premiato dall’Académie royale des sciences di Parigi, della quale divenne membro nel 1768. I suoi primi lavori scientifici riguardarono l’idraulica, l’idrometria e la meteorologia, ma nel 1770 rivolse la sua attenzione a un annoso problema chimico: la (presunta) trasmutazione dell’acqua in terra. Il 1772 fu un anno cruciale nelle sue ricerche: effettuò esperimenti con apparati pneumatici e, il 1° novembre, depositò presso l’Académie un plico chiuso nel quale annunciava che i fenomeni della combustione dello zolfo e del fosforo e della calcinazione dei metalli erano dovuti alla fissazione di aria e che dunque quest’ultima era la causa dell’aumento in peso dei prodotti rispetto ai reagenti di partenza. Le sue conclusioni apparivano decisamente eversive rispetto alle concezioni flogistiche accettate a quel tempo.
Il tortuoso percorso delle ricerche sperimentali intrapreso nel Settecento per dimostrare la corretta interpretazione dello scambio polmonare dei gas teorizzata da Andrea Cisalpino nel ‘500 iniziò infatti, con la teoria del “flogisto” di Stahl che a livello dei polmoni sarebbe passato dal tessuto polmonare all’aria ambiente avvelenandola. Fu nel 1777 che Lavoisier riuscì a provare che l’acido carbonico è dato da carbonio e ossigeno e affermò che la respirazione consisteva in consumo di ossigeno ed emissione di acido carbonico e che la respirazione si identificava con la combustione, ciò che contrastava con la mancanza di aumento della temperatura a livello polmonare. Definì, quindi, la natura chimica della respirazione, considerandola una reazione di lenta combustione con l’intervento dell’ossigeno dell’aria, accompagnata dalla produzione di diossido di carbonio. Ciò costituì la base di tutte le successive indagini sulla fisiologia del processo respiratorio.