Il Settecento è il secolo in cui si produce un sapere medico rinnovato dalla consapevolezza dell’esercizio pratico al letto del paziente, che apre la strada all’anatomoclinica di fine Settecento e primi Ottocento.
Un processo che coinvolge i luoghi di cura – ospedali, ambulatori, centri di soccorso – li sottrae alla dimensione di generica assistenza, che aveva contraddistinto la storia per tutto il medioevo e gran parte del quattrocento, fino alla riforma.
In questo quadro, gli anatomici, utilizzando le migliorate possibilità di studio e ricerca, possono perfezionare le scoperte fatte nei secoli precedenti: l’associazione tra corsia e sala di dissezione è alla base del rinnovamento concettuale della pratica anatomica.
Simbolo di questo periodo e pubblicazione esemplare, del 1761, è De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis di Giovanni Morgagni (1682-1771) uno tra i più famosi anatomici e destinato a rinnovare il tradizionale impianto di osservazione dell’anatomia umana.
Nacque a Forlì il 25 febbraio 1682 da Fabrizio e da Maria Tornielli. Dopo aver compiuto i primi studi nella città natale alla fine di ottobre del 1698, appena sedicenne, si trasferì a Bologna, dove il 18 novembre di quell’anno si immatricolò nell’Università. Laureatosi in Medicina a Bologna dove ebbe come maestro il Valsava, fu nominato nel 1707 lettore e incisore del teatro anatomico in quella Università. Nel 1711 fu chiamato a Padova dove insegnò medicina fino al 1715, quando fu chiamato alla cattedra di anatomia, che mantenne fino alla morte.
Tra i continuatori di Malpighi, Valsalva si distingueva per la passione sperimentale e a lui Morgagni restò indissolubilmente legato nella sua attività di studio e di ricerca. Senza l’intervento di Morgagni, che dopo la morte di Valsalva esaminò a fondo le carte da lui lasciate, la maggior parte delle sue osservazioni anatomiche sarebbero rimaste ignorate: Morgagni invece dedicò agli scritti di Valsalva le Epistolae anatomicae duodeviginti (Venezia 1740) e curò l’edizione delle sue opere, a cui premise la biografia del maestro.
Le scoperte anatomiche fatte da Morgagni furono numerosissime, tra gli anatomisti era chiamato “Sua Maestà Anatomica” mentre i colleghi tedeschi lo definirono “Anatomicarum totius Europae Princeps”.
Considerevole è il numero delle osservazioni originali da lui compiute sulla struttura e sulla funzione di molte formazioni anatomiche: la maggior parte delle sue scoperte riguardano argomenti già studiati e consistono in precisazioni e dettagli, importantissimi, che erano sfuggiti ai suoi predecessori. Tra questi si ricordano il lobo piramidale della tiroide, la descrizione dei canali escretori delle ghiandole sottolinguali, il cornetto nasale superiore, alcune importanti peculiarità della laringe, delle ghiandole lacrimali, della circolazione fetale. Scoprì il legamento sospensore del pene, i forami e i canali parautreali, nell’orecchio mise in evidenza il forame.
Le sue scoperte anatomiche sono contenute nei celebri fascicoli Adversaria anatomica e nelle Epistole Anatomicae.
Quando nel 1704 l’autorevole Giovanni Girolamo Sbaraglia, il principale esponente della medicina empirica, che aveva sollevato clamorose polemiche contro Malpighi e i sostenitori della medicina razionale, pubblicò una violenta confutazione del pensiero malpighiano (Oculorum et mentis vigiliae ad distinguendum studium anatomicum et ad praxin medicam dirigendam, Bononiae 1704), Morgagni intervenne sotto i nomi fittizi di Luca Terranova e di orazio de Floriani con le due Epistolae, una appassionata difesa della figura morale e intellettuale di Malpighi, dell’anatomia minuta, o «sottile», e dell’importanza che essa può rivestire per la medicina pratica. Tramite Albertini, il manoscritto fu inviato ad Antonio Pacchioni e a Giovanni Maria Lancisi e a Roma fu sollecitamente stampato nel 1705 per i tipi di Giovanni Francesco Buagni.
Con il “De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis”, inaugura l’anatomia patologica come disciplina medica: un trattato che desta grande interesse in tutto il mondo di allora, tanto è vero che dopo due anni, la prima edizione è esaurita.
“L’imparar la vera medicina non consiste nel seguitar determinatamente li detto o de gl’Antichi, o de’ Moderni, ma nel saper cogliere il buono, e il vero disperso fra l’antichità e la modernità”
Un titolo in cui è condensato il metodo anatomo-clinico legato al suo nome. Morbus, malattia, è la fenomenologia clinica presentata dal paziente; causa, anzi causa per anatomen indagata, è l’alterazione organica messa in evidenza dall’esame post mortem nell’interno del corpo del paziente. Attraverso il titolo Morgagni dichiarò espressamente che il contenuto non avrebbe tanto riguardato l’anatomia umana normale quanto l’anatomia patologica di cui oggi Morgagni è universalmente riconosciuto il fondatore. Infatti, pur essendosi dedicato a puntualizzare, approfondire e perfezionare le nozioni acquisite con le scoperte anatomiche fatte da altri anatomici prima di lui e manifestando interessi di biochimica nell’esplorare la composizione dei secreti ghiandolari, egli fu essenzialmente un clinico e anatomopatologo che nel passato ormai lontano aveva avuto un solo predecessore, rimasto unico nei secoli precedenti, Antonio Benivieni a Firenze (XV secolo).
Il De sedibus rappresenta il frutto di sessant’anni di lavoro quotidiano. È costituito da due tomi in-folio, di complessive 750 pagine stampate fittamente su doppia colonna, e comprende 70 «lettere anatomico-mediche» ordinate topograficamente in cinque libri, ognuno dei quali è dedicato a una delle cinque principali accademie europee di cui Morgagni faceva parte ed è preceduto da una lettera ad altrettanti illustri medici, dove sono discussi i problemi fondamentali della ricerca anatomopatologica.
Nel De sedibus Morgagni descrisse, infatti, per primo le regole fondamentali per praticare l’anatomia patologica, insistendo sul fatto che le autopsie dovessero essere effettuate da un clinico esperto e contestualmente profondo conoscitore dell’anatomia umana. Egli, che insegnò medicina al letto del malato portando gli studenti nelle corsie del vecchio ospedale padovano di San Francesco, cercava nell’autopsia il rapporto tra i fatti oggettivi notati sulla persona quando era ancora viva e le lesioni riscontrate sul suo cadavere.
Si pubblicheranno molte altre edizioni del De sedibus, tradotte in tutte le lingue d’Europa. Solo una delle ultime edizioni sarà in italiano, sia perché i dotti parlavano il latino (fino alla rivoluzione francese la lingua dei dotti era il latino), sia perché in Italia i principi di Morgagni ebbero difficoltà ad attecchire, mentre vennero applicati all’estero e sono alla base dello sviluppo della clinica negli altri paesi.