Nel 1700, Bernardino Ramazzini di Carpi ha un operaio che svolge l’incarico di pulire i gabinetti: dopo qualche tempo costui diventa cieco. Ramazzini, incuriosito svolge ulteriori indagini e scopre che anche altri lavagabinetti avevano avuto lo stesso problema. E scopre inoltre che molti spazzacamini soffrono di cancro allo scroto. In questo modo capisce che alcune attività professionali influenzano in modo specifico lo stato di salute dei lavoratori. Pubblica quindi il “De morbis artificium diatriba”, il primo trattato dedicato alle malattie del lavoro, analizzando le condizioni di lavoro e i disturbi conseguenti in 50 mestieri diversi. Oltre agli innovativi studi sulla medicina del lavoro, egli si dedicò alla riflessione sulle condizioni climatiche in rapporto alla patologia.
Nacque a Carpi il 4 ottobre 1633 da Bartolomeo Ramazzini e da Caterina Federzoni. A 19 anni si trasferì a Parma per compiere gli studi universitari conseguendovi la laurea in filosofia e medicina nel 1659. Per meglio formarsi nell’esercizio pratico, si trasferì a Roma per seguire le lezioni di Antonio Maria De Rossi, e iniziò a esercitare come medico condotto nel territorio viterbese e nell’Agro romano, dove contrasse la malaria. Chiamato dal marchese Alfonso Molza, arrivò a Modena nel 1671, divenendo medico di corte del duca Francesco II. Nel 1682 gli venne affidato l’insegnamento di medicina teorica e pratica nello Studio modenese, che avrebbe tenuto sino al 1700, affiancato da Francesco Torti. Fu in quel periodo che redasse le Constitutiones epidemicae mutinenses annorum quinque, scandite in diverse pubblicazioni (1690, 1691, 1692 e 1695), nelle quali descriveva il rapporto tra condizioni climatico-ambientali e insorgenza di malattie di carattere epidemico.
Ramazzini è stato uno dei precursori di quella che può essere definita “igiene del lavoro”: le osservazioni raccolte da Ramazzini furono il risultato di ricerche condotte personalmente per anni e anni visitando casali, latrine pubbliche, villaggi, contrade, botteghe e officine di ogni tipo, miniere, fornaci, scavi e quant’altro. La prima ispirazione a intraprendere questa vastissima ricerca gli era venuta dall’aver osservato i danni fisici riportati dai pulitori professionali di fogne da lui classificati come “sordidi artifices”.
Le deduzioni tratte da questa immensa indagine portarono il Ramazzini a consigliare una riorganizzazione del lavoro dipendente riducendo le ore di lavoro per i lavori più gravosi, nell’adozione di vesciche trasparenti a mo’ di occhiali per riparare gli occhi dei vuotacessi, guanti impermeabili, gambali e maschere di vetro per tutti i minatori.
Raccomandò ai contadini di non diventare vittime della moda dei salassi allora imperante e di non assumere purganti drastici. A tutti i lavoratori raccomandò l’uso di bagni frequenti e a tutti i malati di effettuare un cambio frequente della biancheria, contrariamente alle abitudini di allora. Per di più, nella sua attività di curante Ramazzini, passò gradualmente dalla insufficiente e spesso vana terapia medica del singolo operaio che mostrava i danni subiti dal suo specifico lavoro ad una efficace profilassi che interessava tutti gli operai e in modo particolare i più giovani tra loro.