Giorgio Baglivi: dopo la iatromeccanica, il paziente

Un importante esponente della iatromeccanica nel Seicento fu Giorgio Baglivi (1608-1679), valente fisico e professore prima di anatomia, poi di medicina all’Università di Roma.
Famoso per aver pubblicato la prima descrizione clinica dell’edema polmonare, fece osservazioni classiche sull’istologia e la fisiologia del muscolo.

Convinto sostenitore della iatromeccanica, paragonava il corpo umano ad una serie di congegni meccanici: i denti alle forbici, il torace ad un mantice, il cuore e i vasi ad un sistema di irrigazione…e così via. Divenuto poi professore di medicina dovette ricredersi e riconoscere che non tutto poteva essere spiegato così. In particolare, la frequentazione con gli ospedali lo fece riflettere sulla distanza che separa la pratica medica dalla ricerca biologica, facendogli concludere che i medici sono schiavi di sistemi e di ipotesi e poco badano alla realtà del malato.

Sebbene alcuni biografi sostengano che Baglivi fosse nato a Ragusa, in Sicilia, gli scrittori più autorevoli hanno concluso che era nato a Dubrovnik, in Croazia, l’8 settembre 1668. Il suo vero nome era Duro Armeno: orfano all’età di due anni, venne cresciuto da uno zio. All’età di 15 anni lasciò Ragusa per raggiungere Lecce dove, assieme al fratello, nel 1684 venne adottato dal medico Piero Angelo Baglivi di cui assunse il cognome. Iniziò quindi a studiare i classici, mentre si avviava alla pratica medica sotto la guida del padre. Studiò a Napoli, poi a Salerno, ove, nel 1688, si laureò in medicina e filosofia. Subito dopo viaggiò molto, arricchendo la propria cultura e acquistando vasta esperienza: fu a Firenze presso Bellini, a Bologna allievo di Malpighi (che esercitò grande influenza sulla sua formazione scientifica), a Padova, in alcune città dell’Olanda e dell’Inghilterra. Il 26 aprile 1692 giunse a Roma ove prese dimora stabile nel 1694. Fu medico di Innocenzo XII, che aveva conosciuto a Lecce, quando era vescovo di quella città e del suo successore Clemente XI. Nel 1696 (o nel 1695) gli venne affidato l’insegnamento della chirurgia e della anatomia alla Sapienza di Roma, ove, nel 1700, ebbe la cattedra di medicina teorica. Morì a soli 39 anni per una malattia.

Il vino, la venere e l’ozio generano la podagra. Si risana poi col bevere acqua, latte e coll’esercizio. Nelle malattie delle articolazioni i fonticoli recano ad alcuni un massimo vantaggio. Vadano a letto presto principalmente nell’inverno quelli che vanno soggetti alla podagra; poiché le notturne vigilia ai disturbi dell’animo offendono le prime cozioni, e producono un uberrìmo fornite di affezione podagrosa.

(Della pratica medica, libro II, capitolo VI; p. 257)

Nel 1696, Baglivi pubblicò un importante libro sulla pratica medica, De praxi medica, che fu tradotto in inglese otto anni dopo. Questo libro include descrizioni di diverse vivisezioni ed esperimenti che egli eseguì, alcuni dei quali furono progettati per studiare l’innervazione cardiaca. Come Borelli, Baglivi fu uno dei primi sostenitori della teoria miogenica del battito del cuore, qualcosa che non fu dimostrato in modo convincente fino alla fine del diciannovesimo secolo da William Gaskell.

Nella sua opera De praxi medica Balivi diede pregevoli descrizioni di alcune malattie, come il tifo, la podagra, la sifilide, le elmintiasi dei bambini; descrisse la sintomatologia prodotta dalla puntura delle tarantole; distinse le pleuriti in flemmonose, resipilacee o secche e spurie, e dette preziose regole per individuarne le forme latenti; sostenne l’efficacia terapeutica dell’ipecacuana nelle dissenterie e nelle emorragie; affermò che le febbri maligne non debbono considerarsi primitive, ma derivanti da alterazione manifeste della linfa e del sangue; indagò scrupolosamente i fenomeni naturali e coltivò con passione l’anatomia comparata.

 

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