Il metodo scientifico proposto da Galileo Galieli, che rappresentò una vera rivoluzione, consisteva nella raccolta dell’evidenza empirica attraverso l’osservazione e l’esperimento, seguita dalla formulazione di un’ipotesi da vagliare nuovamente con la sperimentazione.
Uno degli effetti di questo mutato indirizzo fu la messa a punto dello strumentario clinico: infatti, lo sperimentalismo di Galileo ebbe notevoli riflessi anche nel campo della medicina, che si esplicarono essenzialmente nell’utilizzo di uno strumentario scientifico in grado di valutare le funzioni biologiche in maniera più precisa e soprattutto più obiettiva.
In questo senso un posto di rilievo è occupato dal microscopio, che aprì orizzonti inesplorati agli studi medici, la cui paternità tuttavia è oggetto di dibattito.
Zacharias Janssen (1585 – 1632), Galileo Galilei (1564 – 1642) e Antoni van Leeuwenhoek (1632 – 1723) sono i tre contendenti dell’invenzione del microscopio.
Secondo alcuni storici, Zaccaria Jansen fabbricante di occhiali a Middleburg in Olanda, avrebbe scoperto per caso, intorno al 1609, il principio del cannocchiale e del microscopio ponendo due lenti nello stesso tubo.
Ma la prima menzione in ambito scientifico del microscopio si lega a Galileo, che lo realizzò nel 1616, collegandolo al cannocchiale.
A von Leeuwnnhoek va invece il merito di aver costruito il primo microscopio con una sola lente biconvessa, di piccole dimensioni, che egli stesso confezionava con grande abilità e che riusciva a raggiungere ingrandimenti di 270 diametri.