Nel Seicento gli studi anatomici continuarono a progredire, soprattutto grazie a studiosi che proseguirono sulla via tracciata dagli anatomici rinascimentali, compiendo ulteriori scoperte e perfezionando quelle acquisite, fino a giungere, grazie ad Harvey, alla scoperta della circolazione del sangue.
Ma un altro elemento fu fondamentale nel processo di innovazione realizzato nel Seicento: grazie alla messa a punto del microscopio, ad opera di Antoni van Leeuwenhoek, ottico e naturalista olandese, che rese possibile effettuare nuove ricerche e permise studi fino ad allora impensabili.
La fisiologia, ossia lo studio della funzione degli organi, era strettamente collegata all’anatomia e risentì dell’influsso del metodo sperimentale. E sebbene nel 1600 non si può ancora parlare di fisiologia vera e propria, è in questo periodo che si delinearono, nell’interpretazione dei fenomeni biologici, due nette tendenze: la iatromeccanica e la iatrochimica.
Due scuole che estesero – oltre allo studio del corpo umano – l’indagine allo stato di malattia, basandola su una interpretazione meccanica e chimica.
Per la scuola meccanica, che ebbe a capo Giovanni Alfonso Borelli (1608-1679), tutti i fenomeni vitali erano rappresentati da puri fatti meccanici e la ricerca si svolgeva spesso in un campo matematico.
Borelli stesso, allievo di Galileo e maestro di Malpighi, applicò la sua conoscenza della matematica, della chimica e della fisica alla spiegazione dei fenomeni fisiologici, come la respirazione, la digestione e la secrezione di urina.
Nato a Napoli, il 28 gennaio 1608, Borelli oscurava volutamente la data e il luogo di nascita per nascondere il suo legame con le difficoltà politiche del padre e le sue relazioni con il filosofo naturale Giovanni Domenico Campanella, dal quale fu influenzato profondamente, così come dal matematico Benedetto Castelli. Tra il 1627 e il 1635, ebbe modo di studiare con Castelli all’Università di Roma. Nato alla fine del Rinascimento, Borelli visse in un’epoca non solo di grande fermento intellettuale, ma di persuasione religiosa. Il suo mentore Campanella trascorse molti anni in prigione dopo essere stato denunciato all’Inquisizione per eresia.
Dal 1635 al 1656, Borelli fu docente di matematica a Messina, dove preparò un resoconto della peste in Sicilia. Poi si trasferì a Pisa, nel 1659, aiutò ad organizzare l’Accademia del Cimento, un gruppo di intellettuali il cui comune interesse era la ricerca nelle scienze fisiche e naturali. Il Principe Leopoldo fornì loro un laboratorio e strumenti scientifici. Poco dopo il suo arrivo a Pisa, Borelli creò un laboratorio anatomico privato nella sua casa, dove svolse ricerche e insegnò. Tra i suoi studenti c’erano il microscopista Marcello Malpighi e il fisiologo Lorenzo Bellini.
Morì a Roma il 31 dicembre 1679, ma il suo imponente corpo di lavoro originale contribuì a ispirare un gran numero di futuri scienziati, microscopisti e inventori.
Borelli calcolò le forze necessarie per l’equilibrio in varie articolazioni del corpo umano, fu il primo a capire che le leve del sistema muscolo-scheletrico ingrandiscono il movimento piuttosto che la forza, così che i muscoli devono produrre forze molto più grandi di quelle che resistono al movimento.
Rispetto alla filosofia meccanica descritta da Cartesio, Borelli non intese ridurre tutti i fenomeni biologici a semplici fenomeni meccanici, ma suo intendimento è quello di mostrare che essi sono descrivibili in termini meccanici, quali che ne siano l’origine e la natura.
Tutte le ricerche di Borelli confluiscono nell’alveo che sfocerà anni dopo nella stesura del “De motu animalium”, apparentemente il primo trattato sulla biomeccanica. Essendo scritto in base all’assunto che la “vita” sia una serie coordinata di fenomeni motori, rappresentabili in formule matematiche, il libro segue una classificazione dei moti, trattando nella prima parte dei moti esterni, quelli dell’animale come un tutto rispetto all’ambiente, e nella seconda dei moti interni all’organismo, vale a dire la totalità dei processi organici. Ecco perché il lavoro consiste di due parti: nella prima, Borelli analizza l’azione dei muscoli, i movimenti degli arti e le attività dell’uomo e degli animali, tra cui pattinaggio, corsa, salto, nuoto e volo.
La seconda parte è dedicata alla fisiologia, considerata dal punto di vista di un meccanico: cuore, circolazione sanguigna, respirazione, separazione delle urine dal sangue nei reni, funzionalità epatica, riproduzione, affaticamento, sete, fame, febbre, e così via. Il libro mostra Borelli come un precursore geniale. Esprime la sua opinione di matematico su problemi che in seguito hanno ulteriormente stimolato la curiosità e gli sforzi di molte generazioni di ricercatori.
Ma soprattutto Borelli, grazie all’applicazione del metodo sperimentale, contribuisce allo studio dei viventi anticipate da Galileo, così che in lui il meccanicismo biologico scende sul piano dei fatti, e si depura dei presupposti metafisici che stavano alla sua origine, iniziando il raffronto sistematico e concreto tra fatti della natura fisica e strumenti della tecnica da un lato e fenomeni ed organi biologici dall’altro.
Bibliografia Borelli: De Motu Animalium. A first treatise on biomechanics, Maquet P., Acta Orthop Belg. 1989;55(4):541-6. A little-known portrait of Giovanni Alfonso Borelli, Middleton WE, Med Hist. 1974 Jan;18(1):94-5. http://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-alfonso-borelli_%28Dizionario-Biografico%29/ Giovanni Alfonso Borelli—The Father of Biomechanics, Malcolm H. Pope, SPINE Volume 30, Number 20, pp 2350 –2355 Giovanni Alfonso Borelli: “Father of Spinal Biomechanics”, Matthew T. Provencher, and William A. Abdu, SPINE Volume 25, Number 1, pp 131–136 Giovanni Alfonso Borelli, BKUCFEYE, Clin. Cardiol. 19,599-600 (1996)