Nel Rinascimento si fecero discreti progressi anche in rinologia: Leonardo da Vinci, con il suo grande genio e la sua enorme capacità, disegnò il canale lacrimale «attraverso cui passano le lacrime che salgono dal cuore agli occhi» e segnalò i diversi seni del cranio, compreso l’antro che venne poi “scoperto” nel 1651 da Higmoro e che porta il suo nome. Gli studiosi continuavano a ritenere che le fosse nasali eliminassero gli umori del cervello: Francesco Sansovino (1521 – 1583) le definisce «cloaca cerebri» nella sua pubblicazione “L’Edificio del corpo umano”.
E Parè, nel 1573, affermò che «attraverso il naso colano e fluiscono gli escrementi dei ventricoli anteriori del cervello».
È in questo periodo che compaiono le prime descrizioni delle manifestazioni sifilitiche a carico di naso, orecchie e gola, ad opera di Alessandro Benedetti e dello stesso Parè. Quest’ultimo parla di malati che “dopo essere stati curati, restano tremendi da guardare, con gli occhi lesionati, mentre altri perdono l’udito e altri il naso; altri ancora hanno il palato bucato, con la perdita dell’osso che li fa parlare in modo nasale”.