Un grande anatomico rinascimentale che gettò le basi per gli studi moderni del corpo umano è stato Bartolomeo Eustachi (1500/1510-1574). Il tubo di Eustachio, che si estende dall’orecchio medio fino alla faringe, porta il suo nome. E senza dubbio il suo posto nella storia dell’anatomia sarebbe stato più importante se le incisioni su rame che aveva sviluppato con Pier Matteo Pini, suo allievo, non fossero scomparse dopo la sua morte.
Ma per capire meglio, è opportuno raccontare un poco la sua vita e la sua storia.
Eustachio nacque a San Severino, nell’Italia orientale, da una famiglia agiata e il padre medico gli assicurò un’eccellente educazione classica, con lo studio del greco, ebraico e arabo. Studiò per diventare medico presso l’Archiginnasio della Sapienza a Roma e iniziò la sua pratica intorno al 1540. Nel 1547 venne scelto come medico personale di Giulio Della Rovere, che lo volle con sè a Roma nel 1549. Lì divenne professore di anatomia presso l’Archiginnasio della Sapienza e sotto il pontificato di Pio IV si apprende che fosse lettore di medicina pratica insieme con Gaspare Cardano.
Egli considerava l’anatomia l’unica e precisa conoscenza per esercitare con perizia l’arte medica. A questo proposito qualche storico ha affermato che Eustachio fu il primo a fare in Roma sezioni necroscopiche. In riconoscimento del valore della sua attività, gli era stato dato il raro privilegio di poter investigare sui cadaveri di tutti gli ospedali di Roma con facoltà assegnatagli dal Pontefice di farne pubblica dimostrazione. Si spiega così il grande afflusso di uditori stranieri alle sue lezioni e lo scalpore, non privo di spiacevoli conseguenze polemiche da parte dei suoi colleghi, suscitato dal suo metodo basato in primo luogo sulla osservazione del corpo umano e sul confronto fra i dati così ricavati e la letteratura medica tradizionalmente legata ai testi di Galeno e di Aristotele.
Facendo uso del suo accesso ai cadaveri umani, nel 1552 egli e un parente artista, Pier Matteo Pini (che aveva portato con sé da Urbino e a cui lasciò poi in eredità i numerosi strumenti che egli stesso aveva ideato per l’esercizio della sua professione e per la ricerca scientifica) svilupparono una serie di 47 lastre incise in rame, che illustravano i risultati di molte delle dissezioni di Eustachio. Realizzò un atlante quasi superiore a quello di Vesalio, non dal punto di vista artistico, ma dal punto di vista scientifico. Questo trattato scomparve fino agli inizi del ‘700, quando Giovanni Maria Lancisi, (1654-1720), archiatra pontificio, lo ritrovò e lo diede alle stampe nel 1714; malgrado il ritardo con cui venne alla luce, le tavole di Eustachio influenzarono la scienza di allora perché contenevano scoperte anatomiche non riportate da Vesalio.
Eustachio è famoso principalmente per i progressi descritti in otorinolaringoiatria: descrisse la tromba (come abbiamo detto che porta il suo nome), il muscolo tensore del timpano, la chiocciola; spiegò inoltre la propagazione del suono attraverso il timpano e la catena degli ossicini. Il tutto grazie alla attenzione e anche alla critica, per nulla velata, posta a Vesalio: egli considerava l’organo dell’udito come un “artificio” estremamente complesso, molto più articolato di quanto non si ritenesse, un meccanismo opportunamente escogitato dalla natura per veicolare la voce da cervello a cervello.
Ma i suoi contributi all’anatomia sono numerosi e spesso dimenticati.
Concreto frutto di questa sua instancabile attività di ricercatore e di studioso sono le opere scritte e pubblicate, sembra, tutte negli anni del suo insegnamento romano.
Si tratta degli “Opuscola Anatomica” pubblicati nel 1563, contenenti numerose opere, in cui descrisse il rene e, per la prima volta, le ghiandole surrenali, la valvola della vena cava inferiore (v. di Eustachio), l’anatomia dei denti descritta nel “Libellus de dentibus”. Una pubblicazione frutto delle dissezioni di feti umani, neonati e anziani, e descriveva il numero, la disposizione e i tipi di denti nei bambini e negli adulti. Descrisse anche le parti interne molli dei denti e la loro struttura esterna dura.
E dei reni, nell’opera “De Renibus” descrisse con cura dimensione, consistenza, posizione e variazioni, con una precisione e un dettaglio ancor oggi invidiabile. Nel descrivere il parenchima renale ha affermato che è costituito da una sostanza esterna e una interna e ha riconosciuto il ruolo centrale delle arterie renali nella funzione escretoria dei reni. Ha fatto osservazioni sulla presenza di arterie estremamente sottili che filtrano l’urina, la natura e la funzione dei tubuli renali e le colonne di sostanza esterna che sporgono tra le papille. Non c’è dubbio che le straordinarie conquiste di Eustachio lo hanno reso un pioniere negli studi morfologici del rene.
Il lavoro realizzato da Eustachio insieme a Pini era innovativo per i tempi: le illustrazioni erano molto moderne e fornivano alcune delle migliori descrizioni della base del cervello, il sistema nervoso simpatico (i nervi che controllano la costrizione dei vasi sanguigni, tra le altre cose), il sistema vascolare e la struttura della laringe. Se quelle tavole fossero state pubblicate nel 1550, lo studio dell’anatomia umana sarebbe progredito molto più rapidamente, ed Eustachio sarebbe stato famoso quanto Vesalio.
Bibliografia: Anil Nanda, Imad Saeed Khan, Michael L. Apuzzo, Renaissance Neurosurgery: Italy's Iconic Contributions, World Neurosurgery, Volume 87, 2016, Pages 647-655, ISSN 1878-8750 Mezzogiorno A, Mezzogiorno V, Bartolomeo Eustachio: A Pioneer in Morphological Studies of the Kidney. Am J Nephrol 1999;19:193-198 http://www.faqs.org/health/bios/16/Bartolomeo-Eustachio.html http://www.treccani.it/enciclopedia/bartolomeo-eustachi_%28Dizionario-Biografico%29/