Nel Rinascimento in campo urologico i disturbi della minzione, allora denominati “impedimenti urinari” rimasero le malattie più frequenti. Erano in massima parte dovuti restringimenti ureterali causati da “carnosità” prodotte da numerose malattie, soprattutto da quelle veneree, allora molto diffuse nella forma cronica.
Queste carnosità venivano, quasi sempre, trattate con cateterismi e si cercava di eliminarle mediante “sfregamento”. Questa tecnica, già in uso da molto tempo venne ripresa da Alfonso Ferri da Napoli (1500-1560), utilizzando dei cateteri ureterali metallici a dimora (certi cilindri fatti di piombo pieghevoli), per provocare la dilatazione dell’uretra oppure, in caso di insuccesso, ricorrendo a sonde che “pungevano o tranciavano” per sopprimere così la carnosità attraverso una specie di uretrotomia interna.
Gerolamo Cardano, per il trattamento della stenosi uretrale, attuò per primo l’uretrotomia esterna su guida. Lettore di medicina pratica all’università di Pavia, il Cardano fu uno dei pochi medici di questo periodo che si dedicò anche alla chirurgia, rimproverando i colleghi di avere lasciato questa disciplina in mano ai chirurghi empirici.
Ambroise Parè scrisse suoi disturbi della minzione due libri, intitolati “Des chaudes-pisses” e “Des rètentions d’urine”.
Anche Fabrizio di Acquapendente diede il suo contributo su questo argomento senza ulteriori grandi novità.
La patologia vescicale era invece essenzialmente concentrata sulla calcolosi vescicale definita “mal di pietra”. La dottrina della litotomia fu considerevolmente migliorata in questo secolo dall’invenzione di due diversi metodi di funzionamento, vale a dire la grande e l’alta operazione, detti anche il “piccolo apparato” e “grande apparato”.
La prima consisteva in un’incisione perineale mediana o lateralizzata sul calcolo individuato attraverso l’esplorazione rettale. Il “grande apparato” era caratterizzato dall’esecuzione della cistotomia per via perineale sulla guida di una sonda rigida introdotta nell’uretra, come riferimento nell’abbordare il collo della vescica e nell’estrarre la pietra con lo strumento corrispondente.
Questa seconda tecnica venne ulteriormente modificata da Laurent Colot, amico di Parè, probabilmente discendente di Germain Colot e da lui istruito. Laurent presto acquisì una grande reputazione in conseguenza della quale Enrico II di Francia lo chiamò alla sua corte: anche pazienti dalla maggior parte dei paesi europei fecero ricorso a Parigi per ottenere sollievo dalla sua mano abile. Ma l’intervento rimase segreto e la sua arte fu tenuta nascosta, diventando patrimonio esclusivo (e eredità) dei suoi figli.
Bibliografia: The London Medical and Physical Journal: Volume 2 1 gennaio 1799 R. Phillips Dizionario di chirurgia pratica: Gaspare Truffi, 1843