Tra i chirurghi anatomici italiani del periodo rinascimentale emersero Jacopo Berengario da Carpi, Giovanni Davigo, Gabriele Falloppio, Gerolamo Fabrizi D’Acquapendente, Guido Guidi, Andrea della Croce, Leonardo Botallo, Giovanni Battista Carcano, Gaspare Tagliacozzo.
Berengario da Carpi (1460-1530), chirurgo prima Bologna poi a Roma, lasciò in chirurgia una notevole impronta, soprattutto nel campo delle fratture del cranio, al cui trattamento apportò miglioramenti mediante l’impiego di nuovi strumenti, che descrisse nella sua opera «De fractura cranei». Praticò lo svuotamento e la resezione delle ossa nella carie e nella necrosi. Affermò anche di aver asportato tre uteri prolassati affetti da cancrena, ma ad un esame accurato della sua descrizione, sembra si trattasse semplicemente della ablazione di polipi uterini necrosati. Fu un chirurgo di grande temperamento: audace, avido di guadagno, impetuoso e scarsamente socievole, come si deduce anche dei suoi giudizi poco favorevoli espressi nei confronti di Giovanni da Vico, che invece fu un chirurgo poco coraggiosa.
Giovanni Da Vigo divenne uno dei chirurghi più famosi dell’epoca per il successo eccezionale ottenuto con il suo trattato di chirurgia intitolato «La pratica copiosa», uscito a Roma nel 1514, e che ebbe 20 edizioni in meno di trent’anni. Secondo alcuni storici questo successo fu sproporzionato al merito, in quanto non giustificato né delle novità in esso contenute né dell’ordinamento della materia. Piuttosto era legato al fatto che il da Vigo vi descrisse le ferite d’arma da fuoco e la sifilide, di cui nessun chirurgo fino ad allora si era occupato. Per il resto, infatti, la sua opera è una semplice compilazione, in cui la chirurgia pratica è del tutto assente, poiché egli non operò mai ernie e cataratte, così come mai praticò la trapanazione cranica e le incisioni. Giovanni Da Vigo è tuttavia uno studioso molto colto e un acuto osservatore, come dimostrano le descrizioni da lui fatte per prima dello sfondamento del cranio senza fratture dei bambini e della frattura isolata del tavolato interno delle ossa craniche nell’adulto. Effettua anche un importante studio sulle cancrene, in cui distinse la cancrena secca senile da quella determinata dalla compressione dei tessuti, da caustici e da congelamento.
Il più celebre degli anatomici rinascimentali italiani fu Gabriele Falloppio, che si rese benemerito anche nella chirurgia per l’introduzione di nuove operazioni e per la modificazione di quelle esistenti.
Girolamo Fabrizi, allievo del Falloppio, fu uno degli anatomo-chirurghi che maggiormente hanno dato lustro all’Italia del XVI secolo. Chirurgo prudente poco incline alle operazioni rischiose, si distinse particolarmente per le operazioni sulla laringe e sul cranio. Contribuì al miglioramento e all’ampliamento dello strumentario chirurgico dell’epoca. La sua esperienza e la sua sapienza gli permisero di procurarsi una grande fama, che gli fece ottenere numerose e importanti consulenze.
Guido Guidi (1500-1565) si rese famoso per aver descritto durante la sua permanenza a Parigi, dove venne chiamato da Francesco I che lo nominò professore di medicina del Collegio di Francia, un’opera chirurgica intitolata «Chirurgia e greco in latino versa Vido Vidi et cum eiusdem commentariis» pubblicata nel 1544. Si tratta di una antologia di libri greci di chirurgia, contenente i commentari di Galeno sui trattati ippocratici delle fratture e delle lussazioni, i libri di Galeno e quelli di Oribasio. Quest’opera venne illustrata con disegni del Primaticcio, di elevato valore coreografico.
Leonardo Botallo, oltre che di alcuni interessanti scritti sulla
trapanazione del cranio e fautore di un libro sulle ferite d’arma da fuoco «De curandis vulneribus sclopettorum» (1560) in cui si dichiara contrario alla teoria che considerava tali ferite come avvelenate. Fu medico di Elisabetta d’Austria, di Carlo IX, di Luisa di Lorena e di Caterina dei Medici.