La chirurgia nel Rinascimento

Nel periodo rinascimentale i metodi di cura in campo chirurgico erano piuttosto dolorosi e violenti: “con il ferro e con il fuoco” era un metodo utilizzato dai chirurghi, seppur rischioso per il paziente. Nonostante ciò, nel corso del XVI secolo videro una maggior considerazione, anche grazie alla rielaborazione dei testi classici.

Uno dei fattori che maggiormente contribuirono alla definizione del “chirurgo umanista” fu senza dubbio la scoperta della stampa, intervenuta proprio nel momento in cui si ebbe il recupero di scritti di epoca classica, dei medici bizantini, portati in Italia dagli studiosi fuggiti da Costantinopoli, caduta in mano ai Turchi.
Questa scoperta, infatti, consentì di portare a tutti questi scritti, che arricchiti da ottimi descrizioni e illustrazioni, erano ancora più chiari.

Accanto all’arricchimento culturale procurato dalla diffusione delle grandi opere chirurgiche del passato, emerge con forza il nuovo spirito di libertà, conforme al temperamento indipendente e all’abitudine alle osservazioni che caratterizzavano il chirurgo.
Pertanto, l’aumentata disponibilità di scuole di chirurgia, sia nelle università che nei collegi e nelle associazioni, contribuì a migliorare la preparazione dei chirurghi. A questo, si aggiunsero altri fattori che contribuirono al progresso della chirurgia in epoca rinascimentale, tra cui vanno ricordati: il miglioramento delle conoscenze anatomiche; il perfezionamento dello strumentario chirurgico; le innovazioni di ordine tecnico, determinate anche in parte da nuove esigenze legate alla comparsa delle ferite arma da fuoco.

Nonostante i progressi compiuti grazie all’intervento di tali fattori, la chirurgia rinascimentale continuò a rimanere in subordine rispetto alla medicina: come nel medioevo rimase quasi completamente sotto il dominio dei chirurghi empirici, mentre nelle università, a coloro che studiavano la chirurgia era concesso il solo conseguimento della licenza per l’esercizio della professione e non del dottorato per l’insegnamento.
Motivo per cui, l’insegnamento della chirurgia nelle università continuò ad essere praticato dai lettori di medicina pratica, ai quali si aggiunsero i lettori di anatomia: comparve così la figura del chirurgo anatomico, che durò fino agli inizi del 1800, quando l’insegnamento delle due materie venne scisso.
Anche se rispetto al medico universitario si trovava in posizione subordinata, il chirurgo universitario era tenuto, perlomeno Italia, in buona considerazione e generalmente riconosciuto come unico rappresentante ufficiale della materia.

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