Girolamo Fracastoro è celebre, oltre che per aver dato il nome alla sifilide e averla descritta in maniera completa, anche per essere stato il primo a intuire correttamente il concetto di infezione, tanto da essere considerato un precursore della microbiologia.
Fracastoro (1478-1533) nacque a Verona da nobile famiglia. Studiò e si laureò in medicina a Padova, dove strinse amicizia con Copernico. Nominato lettore di logica in questa stessa università, lasciò l’insegnamento per fuggire dalla città quando fu invasa dai francesi. Si diede in seguito all’esercizio professionale con tanta fama da essere nominato archiatra di Paolo III che lo elesse anche medico del concilio di Trento. In quell’occasione si segnalò per aver fatto trasferire a Bologna il Concilio, infierendo Trento il tifo petecchiale (1547).
Fracastoro oltre che di medicina si interessa di astronomia, filosofia, teologia, matematica, poesia, musica.
Morì a Infacci, sobborgo di Verona, suscitando unanime cordoglio per l’alta stima di cui godeva. Pochi anni dopo il suo decesso fu eretta in sua memoria una statua tuttora esistente in una delle piazze principali di Verona.
La sua prima opera scritta nel 1521, ma pubblicata solo nel 1530, fu un poema sulla sifilide che egli intitolò “Syphilis sive de morbo gallico”: scritto in versi di grande eleganza in cui viene narrata la storia del giovane pastore mitologico Sifilo, che avendo offeso Apollo fu da lui colpito da una grave nuova forma di malattia contagiosa, caratterizzata da profonde e deturpanti ulcerazioni. Dal nome del pastore creato dalla fantasia di Fracastoro nacque quello della sua malattia: in realtà non esiste una una trama e Sifilo è servito semplicemente all’autore per fare la descrizione della sifilide e nel suo trattamento con mercurio e guaianico (o legno sacro), un rimedio di origine americana importata in Europa insieme alla malattia.
La sifilide scoppiò per la prima volta in modo epidemico alla fine del ‘400 durante l’assedio di Carlo VIII a Napoli (1496); finché l’Italia fu al centro degli interessi economici e culturali europei, i napoletani chiamarono la sifilide male francese, mentre, quando l’Italia decadde, i francesi la chiamarono mal di Napoli.
La sifilide forse era dovuta ad una recrudescenza di una malattia che aveva cambiato fisionomia ma che era già endemica nell’oriente arabo, oppure un’altra teoria dice che venne portata dall’America ad opera dei marinai di Cristoforo Colombo. Si riconobbe subito che la sifilide era dovuta al contagio sessuale e si diceva che si era sviluppata dall’amplesso di una prostituta con un lebbroso.
I meriti di Fracastoro non si esaurirono nell’aver descritto e dato un nome alla sifilide, ma accrebbero ulteriormente con la descrizione, nell’opera “De Contagione” (1546), delle infezioni, della loro modalità di diffusione e della loro cura.
Fracastoro intuì, un secolo prima della scoperta del microscopio, l’esistenza di malattie contagiose che si trasmettono dall’ammalato al sano per mezzo di “particelle invisibili e viventi”, che egli chiamò “seminaria morbi” (semi di malattia) o semplicemente “seminaria” . I “seminaria” isolati dal corpo malato con il respiro possono trasmettere il contagio in tre modi:
- per contatto diretto;
- per mezzo di cose che siano state impregnate come indumenti o altro materiale;
- a distanza per mezzo degli elementi costituenti l’ambiente, cioè l’aria l’acqua e suolo.
I “seminaria” presenti nell’ambiente, attraverso un meccanismo che egli chiama simpatia, sono attratti del corpo di individui sani dagli stessi umori dai quali provengono e dagli stessi organi che gli hanno generati nel corpo dell’individuo infetto. Penetrata nel corpo dell’individuo sano, i seminaria si riproducono e si diffondono in esso riproducendo “quel che loro stessi sono e quel che li ha generati” cioè la “sostanza putrida che porta alla creazione di altri contagi”.
Si pensava che anche la sifilide fosse una malattia da curare secondo i principi ippocratici, per cui bisognava eliminare la materia peccans: in questo caso si doveva togliere l’eccesso di flemma con l’uso di farmaci che provocassero la sudorazione, come il legno di guaiaco e il mercurio.
Circa la terapia Fracastoro, precorrendo di quasi tre secoli la scoperta della disinfezione, sostenne che se si vuole che la malattia guarisca, si devono uccidere i “seminaria” mediante “l’impiego di sostanze che abbiano una materiale avversione verso di loro”.