Enrico Bottini: un maestro nella storia dell’antisepsi

“Per guarire le ferite si deve favorire l’insorgenza in esse della suppurazione” sosteneva Ippocrate, avendo intuito che la suppurazione fosse un fenomeno naturale e utile per la guarigione delle ferite.

Il termine sepsi – che deriva dal greco e significa “putrefazione” – venne inizialmente usato per indicare le infezioni delle ferite in generale.

Fino alla metà del XIX secolo, la chirurgia era gravata da una elevata mortalità, tanto che il chirurgo scozzese James Young Simpson (1811-1870) scriveva che “il paziente steso sul tavolo operatorio di uno dei nostri ospedali chirurgici, corre maggior pericolo di morte che il soldato inglese sul campo di battaglia di Waterloo”.

Le cause erano principalmente tre:

  • emorragia per scarsa validità dei mezzi con cui si praticava l’emostati
  • shock neurogeno da dolore per mancanza di anestesie efficaci
  • infezioni chirurgiche per l’assenza di qualsiasi principio antisettico

Fra coloro che si misero il luce nella lotta contro le infezioni chirurgiche, va ricordato Enrico Bettini, a cui è dedicata questa pubblicazione Bottini. Un maestro della scuola chirurgica pavese nella storia dell’antisepsi insigne maestro della scuola pavese, da molti annoverato tra i pionieri dell’antisepsi.

Il primo studioso ad utilizzare l’acido fenico come antisettico fu Lister, che nel 1865 trattò per la prima volta una ferita con il suo metodo, che descrisse su Lancet nel 1867. Ma tale metodo venne utilizzato anche dal Bottini, che trattò nella sua pubblicazione “Dell’acido fenico nella chirurgia pratica e nella tassidermica” apparsa nel 1866 sugli annali di Universali di Medicina.

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