La medicina romana – secondo periodo (dal 200 al 133 a.C.)

L’infiltrazione della civiltà greca gradualmente provocò un profondo sovvertimento nella società romana: due fazioni si opposero, una favorevole all’ellenismo, l’altra più rigida nei suoi confronti. Fu inevitabile il diffondersi della cultura greca, con la circolazione delle idee di filosofi, artisti e scienziati.
Furono numerosi anche i medici che invasero Roma, creandosi la fama di “mestieranti”, in quanto esercitavano pratiche illecite attirandosi il disprezzo dei Romani.
I medici greci diffusero a Roma l’esercizio della medicina sottraendolo al pater familias, attraverso attività chiamate “tabernae medicorum”. Qui si curavano i malati, praticando salassi, riducendo fratture, lussazioni e curando le ferite. Venivano confezionate e si vendevano i medicamenti e in alcune più grandi erano ricoverati i pazienti più gravi in una apposita zona. In questo case, secondo Plauto, vi erano apprendisti medici.
Dovette passare molto tempo prima che il loro livello professionale si qualificasse e venisse concessa anche a questi servi medici la cittadinanza romana, come espressione della massima considerazione.

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