La chirurgia greca prima di Ippocrate

Sono i poemi omerici, in particolare l’Iliade, a darci informazioni sulla chirurgia greca.
Dai poemi, infatti, si può dedurre che la professione del chirurgo era laica e non riservata alla classe sacerdotale.

E nelle battaglie dell’Iliade, la chirurgia era un’arte praticata da esperti, indipendente rispetto alla medicina. Nel poema omerico si trovano figure di chirurghi combattenti che – oltre a curare le ferite – partecipavano direttamente all’azione.

Il più famoso di essi Macaone, figlio di Esculapio, era al seguito di Agamennone nella guerra di Troia. Fu lui ad essere chiamato da Agamennone per curare Menelao.
Sui campi di battaglia, le prestazioni chirurgiche erano semplici e consistevano nell’estrazione di frecce o giavellotti, nel medicare le ferite con succhi vegetali, nel lavare il sangue con acqua tiepida e nell’applicare bende. Prestazioni semplici ma apprezzate. La descrizione omerica delle lesioni attesta una grande conoscenza del corpo umano e dei punti maggiormente vulnerabili, ma anche della disposizione anatomica degli organi: fatto che ha permesso agli storici di ipotizzare che Omero potesse essere medico prima che essere un poeta.
Ma si tratta di ipotesi senza prove, a maggior ragione se si analizzano e numerose lacune e imprecisioni contenute nel testo: nessun guerriero si ammala a seguito di una ferita, nessuno ha mai la febbre, le piaghe sanguinano ma non si infiammano.
Tra Omero e Ippocrate vi è un periodo di cinque secoli, periodo in cui fiorirono scuole e liberi gruppi di maestri che prestavano la loro opera vagando in città: i precursori dei chirurghi ambulanti medievali.
Il più celebre fu Dernocede di Crotone, che curò Dario, re di Persia, affetto da una lussazione alla caviglia.

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