Ma Aristotele fu un medico?

 

 

 

Aristotele, discepolo di Platone, riconobbe l’importanza fondamentale delle discipline anatomiche e fisiologiche per il progresso della medicina, come dimostrano i suoi numerosi studi di anatomia e fisiologia comparata, che fecero testo fino al XVIII secolo. Nato nel 384 a.C. a Stagira (Macedonia), suo padre era amico e medico di Aminta, re della Macedonia e avo di Alessandro; anche Aristotele, nonostante la fama legata principalmente alla ricerca filosofica, è stato membro della scuola medica di Asclepiade, con la possibilità di sviluppare la tendenza scientifica della sua intelligenza. A lui si deve il merito di essere stato l’iniziatore dell’esperimento biologico condotto sulla materia vivente, con l’obiettivo di accertare e studiare i fenomeni naturali. La sua amicizia con Alessandro gli diede la possibilità di dare alla scuola un vero e proprio carattere scientifico, dove giungeva materiale vario attraverso i i collaboratori che viaggiavano con il condottiero.
Quindi Aristotele venne preparato a diventare un vero e proprio scienziato e a lui, tra le altre cose, si deve la creazione e l’applicazione delle norme che regolano le biblioteche: spese ingenti somme per collezionare manoscritti e fu il primo, dopo Euripide, a radunare una Biblioteca.
La sua produzione scientifica fu così nutrita che si sospetta che alcune delle sue opere siano il frutto dei suoi allievi.

Secondo Aristotele, l’uomo è concepito di materia e di spirito, compenetrati tra loro in modo da non poter esistere l’uno senza l’altro.

In biologia classificò le varie specie di animali secondo un albero della natura, con tutte le forme viventi, dalle piante all’uomo.
Acquisì cognizioni sconosciute fino ad allora nel campo dell’anatomia comparata attraverso l’utilizzo della pratica autoptica: pare avesse eseguito oltre cinquecento dissezioni di animali e, forse anche di un embrione umano, ma mai su cadaveri.
Descrisse i ventricoli dell’encefalo e i nervi periferici del sistema nervoso, mentre in cardioangiologia dimostrò che i vasi sanguigni originano dal cuore e, descrivendo l’aorta e le vene cave, sebbene non seppe precisare i vasi arteriosi da quelli venosi. Nel cuore dell’uomo e dei grossi animali segnalò l’esistenza di tre cavità: la maggiore, da cui originano i grossi tronchi venosi; la media, situata al centro, da cui fuoriesce l’aorta; la piccola, posta in basso, dalla quale proviene la trachea.
Va detto che Aristotele basava buona parte delle sue scoperte principalmente sulle osservazioni: nella Grecia antica era raro avvalersi di esperimenti.
Ecco spiegato il fondamento di alcune tesi: Aristotele immaginò che la riproduzione nella specie umana avvenisse attraverso il sangue mestruale, congelato ad opera del principio attivo dello sperma, successivamente trasformato in una sostanza amorfa da cui derivava l’embrione. Una concezione valida fino al Rinascimento.
Ma il numero elevato di dati raccolti da Aristotele e dai suoi assistenti costituì la base di ogni progresso scientifico, oltre che il libro di testo del sapere per duemila anni.

La scuola dogmatica

Le opere di Ippocrate furono oggetto di studio nei corsi di medicina fino alla metà del XIX secolo, ma immediatamente dopo la sua morte il suo pensiero si frammentò fra diverse scuole, che interpretarono la medicina secondo visioni differenti, sempre parziali e limitate.

La scuola dogmatica è stata la depositaria della tradizione medica ippocratica, proprio grazie ai figli del Maestro: Tessalo e Dracone, ma anche il genero Polibio, Diocle di Caristo, Pressagora di Coo. E alcuni studiosi collocano nella scuola dogmatica anche Platone e Aristotele.
Tessalo è considerato tra gli autori di alcune parti del Corpus Hippocraticum.

Diocle di Caristo, il principale rappresentante della Scuola Dogmatica del IV sec. a.C. ed è stato descritto da Plinio come il secondo Ippocrate, si occupò di anatomia: non si conosce molto della sua vita tranne che visse all’epoca di Prassagora di Cos e che lavorò ad Atene, dove conobbe Platone e dove scrisse il primo Trattato medico in dialetto attico. Probabile autore del libro “Il cuore” del Corpus, sostenne che da questo organo originano due sistemi vascolari, rappresentati dalla vena cava e da una arteria contenente sangue e aria. A lui si deve una descrizione delle ovaie e la vitalità del feto con il settimo mese di gravidanza. Diocle inoltre studiò la composizione del sangue, arrivando a dimostrare come i suoi costituenti derivano dalla trasformazione chimica degli alimenti ad opera del fegato. Fu considerato anche un esperto di dietetica, oltre a completare un vero e proprio manuale di erboristeria.
Un altro esponente della scuola dogmatica fu Pressagora di Coo, che rispetto a Ippocrate rivalutò l’importanza diagnostica del polso arterioso, descrivendone le caratteristiche in condizioni normali e di malattia.
Platone si occupò di medicina in alcuni trattati – nel Simeo e nel Simposio – riferendo però concetti di altri autori (Empedocle e Alcmeone), in particolare su concetti relativi a biologia, fisiologia e patologia. Da sottolineare, invece, la concezione platonica delle tre anime separate esistenti nell’uomo, da cui derivò la teoria delle forze vitali di Galeno.
Il declino della scuola dogmatica si ebbe con l’affermarsi della filosofia storica: dialettica, retorica e speculazione astratta si sostituirono all’osservazione obiettiva dei fenomeni, unico criterio di conoscenza secondo la concezione ippocratica. E con questo, la figura del medico si trasformò in quella del filosofo.

Un salto nella modernità con Ippocrate

“Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per tutti gli dei e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò secondo le mie forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto:
di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò quest’arte, se essi desiderano apprenderla, senza richiedere compensi né patti scritti; di rendere partecipi dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal giuramento del medico, ma nessun altro”.

Così inizia il giuramento di Ippocrate, considerato il padre della medicina, la cui fama di studioso e medico è rimasta nella storia ed entrata nella leggenda, sebbene la sua paternità non sia così certa.
Ippocrate, nato a Kos, isola del Dodecaneso, nel 460 a.C. (da Eraclide medico asclepiadeo dal quale apprese la medicina secondo la tradizione sacerdotale) morì a Larissa nel 377 a.C.: ebbe maestri prestigiosi e visse in “tempi d’oro”, segnati da personaggi come Socrate per la filosofia, Aristofane, il più grande dei commediografi greci, Erodoto con le sue storie.
Era dunque maturo il tempo per la medicina scientifica, con il grande merito di Ippocrate: stabilire definitivamente che la medicina è una scienza basata sull’osservazione e sulla spiegazione razionale dei fenomeni, che la malattia quindi non è il prodotto di azioni soprannaturali, di tipo magico o religioso, ma è un processo naturale, simile ad ogni altro processo naturale. Inoltre Ippocrate introduce il concetto mai prima considerato di malattia quale manifestazione dell’intero organismo e non solo a quella legata ad un singolo organo.
Alla morte dei suoi, lasciò l’isola di Kos e iniziò a viaggiare, visitando vari templi tra cui quello di Asclepio, interessandosi in modo particolare delle tavolette votive che venivano lasciate per guarire grazie all’intercessione di Asclepio e sulle quali erano elencati i sintomi delle varie malattie. Tornato a Kos, fondò la celebre scuola medica ove insegnò fino ad età avanzatissima: secondo la leggenda, svolgeva le sue lezioni sotto un platano situato nel centro della città di Kos, ancora visibile, sebbene l’albero di oggi, che ha un’età di circa 500 anni, potrebbe essere un discendente del platano originale che cresceva sullo stesso luogo.
La dottrina della scuola ippocratica è esposta in una vasta opera: il Corpus hippocraticum, raccolta che venne effettuata dagli studiosi della biblioteca di Alessandria
nel 4° secolo a.C., con l’intento di ordinare le opere di medicina di quel periodo. Nacque così la raccolta del Corpus hippocraticum, che comprende una settantina di scritti composti tra la metà del 5° sec. e la metà del 4° a.C. a cui contribuirono sia Ippocrate che i suoi figli Tessalo e Dracone, vari discendenti, i discepoli della scuola di Kos e altri esponenti di scuole mediche. Gli storici sono concordi ad attribuire ad Ippocrate anche altri testi: gli “Aforismi”, che rappresenta la sintesi di tutta la tradizione culturale della scuola ippocratica. l’Antica medicina, uno scritto polemico contro gli schemi astratti dei filosofi; il Male sacro, sull’epilessia; Aria, acqua, luoghi, un’analisi delle correlazioni tra stato di salute e condizioni climatiche e ambientali; il primo e il terzo libro del trattato sulle Epidemie, che descrivono le malattie che si erano diffuse nell’Isola di Taso; il Prognostico, dedicato alla previsione razionale del decorso delle malattie; infine il Della dieta.
Sebbene non risulti certa la paternità del giuramento, in esso viene definita con precisione la figura del medico secondo la concezione ippocratica, corrispondente al medico perfetto: appare, infatti, come una persona dotata di solide qualità morali, di rigoroso senso del dovere, di profonda umanità, mosso da un appassionato interesse per il malato e per la medicina.

La medicina greca: il periodo scientifico

Verso la fine del 600 a.C. nella civiltà greca si sviluppò il pensiero scientifico, che favorì il passaggio dalla medicina religioso-empirica a quella scientifica.
Questo permise l’elaborazione di un vero e proprio metodo di studio sulle cause e sulle origini della vita da parte dei “filosofi”, ossia gli amanti del sapere, che elaborarono nuove dottrine tese ad illustrare il mistero della vita attraverso lo studio della natura. Questa impostazione ebbe come conseguenza un atteggiamento differente rispetto all’arte medica, portando come naturale conseguenza alla “medicina scientifica”. Un approccio che rifiutava ogni possibile causa soprannaturale e che prevedeva l’attenta e sistematica valutazione dei casi clinici attraverso l’analisi di molteplici ipotesi sull’eziologia delle varie affezioni.
Una impostazione che originò scuole, alcune a carattere esclusivamente filosofico, altre filosofico e medico.
La scuola di Mileto fu la prima in ordine di tempo. Probabilmente favorita dalla posizione geografica, in Anatolia sulle coste dell’Asia Minore, convergenza della cultura greca, egiziana e assiro-babilonese, favorì il pensiero dei primi filosofi: Talete, Anassimandro e Anassimede. Il primo fu il fondatore della scuola, che considerava l’acqua principio di tutte le cose. Anassimandro è invece l’ideatore del concetto di principio e il “principio delle cose”  è l’infinito. Anassimede, pur riconoscendo il concetto degli “eterni contrari” ideato da Anassimandro, considera l’aria unica sostanza essenziale.
La scuola di Efesto ebbe come massimo rappresentante Eraclito, che riconobbe nel fuoco il principio del mondo.
Queste due scuole non si occuparono specificatamente di medicina.

La scuola di Crotone ha il merito di occuparsi di medicina, grazie ad una impostazione razionale che diede il suo fondatore Pitagora da Samo.

La dottrina pitagorica riconobbe nei numeri il principio di ordine e armonia della natura. Alla scuola di Crotone non sono legate scoperte scientifiche degne di rilevanza, ma va attribuita l’impostazione che riconosceva nell’armonia la salute, mentre il suo turbamento avrebbe provocato la malattia.
Ad essa apparteneva Alcmeone, primo grande filosofo ad occuparsi di medicina: per il rigore scientifico dei suoi studi, a lui è riconosciuto il merito di aver conferito alla medicina la dignità di scienza. Autore di un’opera a contenuto biologico e medico, il “Periphyseos”, studiò per primo l’anatomia, anche avvalendosi di ricerche autoptiche (autopsie) su animali. Sostenne che dal cervello partono tutte le nostre funzioni vitali ed è quindi “egemone dell’organismo”. In patologia fornì spunti interessanti, propedeutici agli studi di Ippocrate: sostenne, infatti, che fosse l’equilibrio a mantenere il benessere, mentre la prevalenza di un opposto sull’altro avrebbe causato la malattia.
La scuola di Agrigento fu fondata da Empedocle (500-430 a.C.) che rivelò molteplici interessi, dalla letteratura alla medicina. Soggetto eclettico e dalla grande personalità, anticipò la teoria di Darwin, sostenendo che i primi ominidi, esponenti imperfetti della razza umana, avrebbero avuto origine dall’aggregazione dei quattro elementi primordiali: terra, acqua, aria e fuoco. La loro selezione avrebbe permesso la vita solo alle forme più evolute. Anche i cinque sensi furono spiegati dalla teoria dei quattro elementi, in quanto a ciascuna funzione era attribuito un principio.
Il più famoso allievo di Empedocle fu Acrone, che alle speculazioni del maestro prediligeva la pratica medica: a lui infatti possono essere attribuiti interessanti metodi di terapia e profilassi. E fu il primo ad applicare la pratica delle fumigazioni dopo una epidemia di pestilenza, adottata successivamente da Ippocrate.
La scuola di Cnido fu invece la prima scuola di medicina del mondo occidentale: secondo Galeno sorse intorno al 600 a.C. e si occupò prevalentemente dell’aspetto terapeutico della malattia. I dettami fondamentali di questa scuola, le “sentenze”, trovano posto nel Corpus Hippocraticum.