La chirurgia egizia

Olio e miele hanno poteri antisettici che utilizzati sotto forma di pomate erano usate dagli Egizi come antisettici nella medicazione di ferite e ustioni. Le essenze aromatiche come mirto e incenso venivano invece usate come disinfettanti, con bende di lino e cotone che – sempre utilizzate in modo pulito – servivapapyrus-63004_1280no per assorbire le secrezioni. Nelle ferite, per tenere uniti i lembi, gli Egizi erano molto innovativi con l’uso di bende adesive, oppure ricorrevano ai punti di sutura.
Sono il papiro di Ebers e il papiro di Smith la principale fonte di informazione relativa alla chirurgia egizia: il secondo, in particolare, contiene 48 casi di patologia chirurgica, descritti in modo moderno con titolo, esame, diagnosi, prognosi e trattamento. Circa il trattamento, vengono indicate le prescrizioni da attuare, in alcuni casi sono presenti anche commenti. Pur avendo un carattere prevalentemente traumatologico, il papiro di Smith riporta anche altre patologie chirurgiche “da capo a piedi” anche se si interrompe a livello del torace.
Le fratture erano trattate attraverso riduzione o immobilizzazione, come testimoniano anche alcune mummie ed esiti ben ridotti dimostra il buon livello tecnico dei chirurghi egiziani. Anche le amputazioni venivano eseguite, ne è prova una mummia privata di una mano, corretta da una mano artificiale completa di dita.
Tumori del collo, del seno e di altre parti superficiali del corpo venivano trattate con coltello o ferro rovente e i chirurghi si preoccupavano anche dell’emostasi, per evitare troppe perdite di sangue.
L’ostetricia e la ginecologia erano conosciute e praticate, come emerge dai papiri: era conosciuto l’utero, ma non le ovaie.
Ma la specialità in cui eccellevano gli egizi era l’oculistica: è del 2.600 a.C. l’invenzione del collirio da parte di Khuy, oculista ed esperto di magia. Nel papiro di Ebers sono molto numerose le descrizioni delle afflizioni oculari, così come le formule del collirio, che erano liquidi, pastosi o sotto forma di pomate. Per la loro produzione erano usate le materie prime più disparate: la rosa, la mirra, il mirto, lo zafferano, il sicomoro, il grasso di maiale o d’oca, il miele, il latte.
I papiri forniscono nozioni di anatomia e fisiologia dell’occhio, con i curiosi nomi delle diverse parti dell’occhio: l’occhio era chiamato “sclerotica”, la pupilla “la bambina che sta nell’occhio”, le palpebre “la schiena dell’occhio”.
Gli Egizi poi ebbero l’intuizione di mettere in relazione alcune affezioni dell’occhio con alcune patologie dell’apparato genitale. Le conoscenze degli egizi non ebbero grandi modificazioni nel periodo antico e nel medioevo, fino all’epoca moderna.

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