La medicina cinese è basata sull’equilibrio: concetto introdotto dal mitico imperatore Shen-Nung, vissuto intorno al 3000 a.C., che insegno al popolo i rudimenti dell’agricoltura e della medicina.
Jang e Jin, i principi opposti presenti nel cosmo – Jang il maschile positivo, Jin quella negativa femminile – sarebbero state le due forze da cui dipendevano tutti gli eventi, compresa anche la malattia e la guarigione. L’imperatore incarnava l’equilibrio tra le due: una armonia che si completava con la combinazione dei cinque elementi da cui dipendeva lo stato di salute, ossia la terra, l’acqua, il fuoco, il legno e il metallo. Essi erano contenuti nei cinque organi ritenuti essenziali dalla medicina cinese: il cuore, la milza, il fegato, i reni, i polmoni. La funzione degli organi era assicurata dalla circolazione dell’energia dei dodici canali che non avevano alcun rapporto con i vasi veri e propri.
L’imperatore Shen-Nung sperimentò su se stesso anche un gran numero di farmaci e veleni, descritti nel Pen-Tsao (Il grande Erbario) contenente numerosi rimedi inefficaci o in disuso, ma alcuni ancora utilizzati nella terapia medica, come l’oppio, l’efedrina, il ferro e il solfato di sodio.
Tra il 2698 e il 2589 a.C. anche l’imperatore Huang-Ti si occupò di medicina con il trattato Nei-Ching, in cui viene dimostrato che i cinesi erano a conoscenza dei principali elementi di fisiologia della circolazione sanguigna. Si legge che “tutto il sangue del corpo è sotto il controllo del cuore … la corrente sanguigna scorre in un circuito chiuso”.
A fronte di questa intuizione, le conoscenze di anatomia erano piuttosto scarse, essendo, come in India, vietata la dissezione dei corpi.
Per quanto concerne le procedure diagnostiche, al malato non veniva attribuita molta importanza, in particolare alle donne, che dovevano servirsi di un manichino per indicare il punto dolente.
L’esame clinico era basato sulla valutazione del polso arterioso che veniva rivelato in undici punti differenti per tre volte con pressione sempre più intensa. Con la valutazione del polso si diagnosticavano le malattie e si impostavano le terapie: erano circa duecento le varietà di polso, una ventina le prognosi negative.
Accanto ad alcune pratiche di igiene sanitaria, la pratica terapeutica più caratteristica della medicina cinese rimane l’agopuntura. Introdotta intorno al 2640 a.C. dall’imperatore Huang-Ti, ancora in uso con minime variazioni, consiste nell’introdurre nel tessuto sottocutaneo del paziente minuscoli aghi d’oro e d’argento, a diversa temperatura, affinchè possano penetrare nei canali di comunicazione fra gli organi e ristabilire l’equilibrio interrotto dalla malattia.
Dopo Cristo, vanno citati Cian-Ciung-King, vissuto nel primo secolo dopo Cristo e considerato l’Ippocrate cinese, che mise in luce l’importanza dell’esame clinico del malato.
Da segnalare poi nel XIII secolo Sung-Tse autore di un trattato di medicina legale, destinato ai giudici, che contiene interessanti nozioni per riconoscere le cause di morte attraverso esami da praticare sul cadavere.